Ravenna, campi da padel pagati e mai costruiti. Imprenditore sotto accusa. Il caso a “Le Iene”

Ha cavalcato l’onda del padel, prendendola forse tra le prime aziende pronte a farne un business. Con la moda dilagante dello sport che “inscatola” un campo da tennis in 20x10 metri, la richiesta di campi era altissima. Campi che, tuttavia, svariati clienti lamentano di avere pagato senza però ricevere nulla. Le loro segnalazioni sono confluite “nell’agguato” organizzato da “Le Iene”, che domenica ha trasmesso il servizio che vede al centro delle accuse un imprenditore ravennate fondatore di un’azienda con sede legale a Ravenna e magazzino a Forlì.
A detta di almeno cinque clienti, avrebbe incassato la cifra pattuita senza però fornire nulla, o quasi. Si va da cifre comprese tra i 20mila euro circa per una struttura di gioco fino a 60mila per tre.
Anche alcuni fornitori lamentano conti in sospeso. Tra questi l’azienda fornitrice dei profili e del materiale per costruire 40 campi, in credito di 130mila euro. Oppure la web agency che si è occupata dell’ecommerce del sito dell’impresa (tuttora attivo); quest’ultima sarebbe riuscita a recuperare quanto fatturato solo dopo avere pignorato.
Tra le realtà scottate troviamo anche la polisportiva Guido Monti di Forlì. Il centro appena inaugurato avrebbe dovuto ricevere tre campi a giugno dell’anno scorso, pagati 60mila euro. Ad oggi ne ha uno solo, installato peraltro a inizio 2024. Comune denominatore di tutti i casi sono le scuse: “La prossima settima... il campo è già qui nel piazzale”. «L’ha tirata lunga per mesi - spiegano - finché abbiamo capito che non ci avrebbe consegnato niente mettendoci in difficoltà anche con il Comune, che ci aveva sostenuto». Sarebbero in corso accordi con una nuova azienda per la fornitura di uno dei campi ancora attesi. «Ma abbiamo perso un anno - continua la direzione del centro - senza contare il danno d’immagine».
Minacciare azioni legali non è servito. Già, perché dal novembre dell’anno scorso l’azienda è andata in liquidazione giudiziale, e attualmente risulta affidata al curatore fallimentare Alessia Cavalieri. La prima udienza con l’adunata dei creditori si è tenuta il 20 marzo scorso e il prossimo novembre è prevista la verifica dello stato passivo.
Prima del tracollo, però, di contratti ne sono stati firmati parecchi. Non sono mancate nemmeno le soddisfazioni, con tanto di tagli del nastro politici dopo gli esordi della startup cresciuta inizialmente presso gli spazi di Cresco, coworking pensato dal Comune di Ravenna.
Le accuse, questa volta ad personam contro il titolare dell’azienda, piombano anche da un dipendente di un’altra società a lui collegata. Lamenta di essere stato vittima di un infortunio in itinere, investito da un’auto mentre si recava al lavoro, ma di non avere ricevuto l’indennizzo che l’Inps versa al datore di lavoro. Fatta la somma dei mesi di arretrati la somma si aggirerebbe - a detta del lavoratore - intorno ai 20mila euro. Cifra inferiore, «6mila euro, che siamo d’accordo con il sindacato gli verranno pagati ai primi di novembre», replica al citofono l’imprenditore raggiunto dal Corriere Romagna. Addossa la responsabilità del fallimento a «gente che non ha pagato», ma anche «all’alluvione subita dal nostro magazzino a Forlì». Dichiarazioni spezzate dalla costante promessa di passare ad azioni legali «se il nome dell’azienda esce».