Ravenna, a 11 anni nuda sulle chat di Facebook: assolto 23enne

Ravenna

RAVENNA. Chattava su Facebook con oltre 200 persone, senza sapere con certezza chi c’era dall’altra parte dello schermo. Fin qui nulla di così singolare o preoccupante; non fosse che a intrattenersi in quelle conversazioni usando l’Ipad di mamma e papà, giorno e notte, era una bambina di appena 11 anni. Che per ore e ore, ha intrattenuto all’insaputa dei genitori conversazioni spinte inviando agli interlocutori decine di foto che la ritraevano nuda. A fare approdare tutto sui tavoli della Procura per i Minorenni del tribunale di Bologna - che per competenza ha attivato le indagini della Dda - sono stati i genitori della giovane, residente nel ravennate. Nell’aprile 2013 - epoca della denuncia - avevano notato qualcosa di strano nel suo comportamento. Così dalle indagini della Polizia Postale è emerso che praticamente tutti quei profili social erano gestiti da coetanei assetati di foto osé. Eccetto uno. Quello di un ragazzo veronese all’epoca 23enne, finito a processo per adescamento di minori. I suoi guai giudiziari sono terminati ieri sera, quando nonostante la richiesta di condanna a un anno presentata dal vice procuratore Aldolfo Fabiani, il giudice monocratico Andrea Chibelli lo ha assolto per mancanza o insufficienza di prove.

«Risarcimento di 23mila euro»

La giovane si era iscritta spacciandosi più grande, per aggirare le policy del social network che già all’epoca limitava l’accesso se non compiuti i 13 anni. Pur negandosi a qualsiasi richiesta di incontro faccia a faccia, aveva sviluppato una rete di contatti con i quali conversava abitualmente in privato. Tra questi il profilo del 23enne, divenuto nell’arco di un mese - così ha specificato l’avvocato della famiglia, Celestino Salami - «una presenza penetrante nella quotidianità della bambina». Al punto che - questa la posizione della parte civile - l’11enne di fronte alla consapevolezza di avere a che fare con una persona adulta, era spaventata da quell’«escalation di piccantezza delle conversazioni intrattenute con il ragazzo», temendo per «l’incapacità di liberarsene». Parole queste, alla base della richiesta di risarcimento a bimba (ora maggiorenne) e genitori di 22.900 euro.

La difesa contro i genitori

Un quadro diverso quello composto dai difensori dell’imputato, gli avvocati Francesca Bettocchi e Josè Elmer Malaguti, del foro di Bologna. Che non hanno potuto non rimarcare come le parole esplicite utilizzate dalla vittima e quelle decine di foto senza vestiti spedite deliberatamente a 23 persone diverse in soli tre mesi denotassero un comportamento e un linguaggio «non coerente con la giovane età». Fino ad arrivare alla conclusione che la minore sia stata sì vittima, ma «della totale mancanza di controllo da parte dei genitori, che le hanno consentito di navigare indisturbata ore ed ore al giorno, venendo in contatto con altri bambini che come lei avevano un accesso indiscriminato alla rete». Quanto all’innocenza dell’imputato, hanno rimarcato come non avesse mai fatto alcun invito a incontrarla, né a contattarla telefonicamente o cercato di adescarla. Infine, altra carta della difesa, in quel periodo l’imputato aveva avuto il sentore che qualcun altro avesse avuto accesso al suo profilo. Solo sospetti quelli indirizzati all’ex fidanzata dell’epoca, attribuendo a lei la possibile matrice di frasi compromettenti pubblicate a suo nome. Infine, prima della richiesta di assoluzione, l’ultima freccia sui reali “colpevoli” della vicenda: «Spiace dirlo - la conclusione dell’arringa -, ma i veri responsabili sono i genitori».

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