Ravenna, “accusata di fingere l’invalidità, mia madre morta pochi mesi dopo”

Ravenna
  • 11 gennaio 2024

Una lettera aperta all’Inps in cui racconta il calvario di sua madre, la 66enne ravennate Graziella Bandini, dopo la visita alla commissione medica dell’Inps sul rinnovo dell’invalidità. La signora è venuta a mancare il 3 gennaio e ora il figlio, Daniele Pompignoli, racconta il dolore di questi ultimi mesi. Pur non volendo in alcun modo collegare il decesso della madre a quanto avvenuto alla visita medica, il figlio spiega quanto abbia sofferto negli ultimi mesi l’esito di quella visita, avvenuta a fine maggio: «Le hanno abbassato la quota di invalidità dal 100% al 75%, così mia madre avrebbe dovuto restituire circa 1.900 euro. Una situazione che le ha fatto sorgere un grave stato d’ansia». La signora soffriva di Broncopneumopatia cronica ostruttiva (Bpco).

La lettera ai medici

«Sono combattuto - scrive Pompignoli nella sua lettera all’Inps - nel ricordare le parole di mia mamma all’indomani della visita sostenuta da voi. La sera stessa mi disse di essersi sentita umiliata e che qualcuno della commissione medica le avrebbe detto che “stava benissimo”, quasi a voler dire che fingesse nelle sue difficoltà. Io non ho idea di come sia andata, ma in 42 anni mia mamma non mi ha mai detto una bugia».

La signora quel giorno «fece uno sforzo non indifferente per andare alla visita». Da diversi mesi, continua la missiva, «non usciva più di casa a causa dello sforzo da sostenere per muoversi, e quando vi riferì delle sue difficoltà respiratorie l’avete trattata in quel modo. Mia mamma si fidava dei medici e, da chi ha scelto una delle professioni dalla missione più alta e nobile che esista, chiunque si attenderebbe un minimo di empatia e questo al di là dei parametri, delle tabelle, delle crocette, della burocrazia sulla quale io non discuto (si applicano delle regole)». Pompignoli ricorda ai medici che «di fronte a voi non ci sono dei codici a barre, ma degli esseri umani, con mille difficoltà alle spalle, con una vita carica di sacrifici, che a fatica arrivano alla fine del mese. Nei giorni immediatamente successivi al suo ricovero (7 dicembre) a casa di mia mamma ho trovato solamente cibo scaduto a novembre». Secondo il figlio la madre «aveva smesso di mangiare, presa sia dalla depressione della malattia alimentata dall’essersi sentita denigrata alla visita (una delle conseguenze della BPCO è proprio la depressione), sia dall’ansia di dover restituire 1.900 euro e di vedersi revocata la pensione di invalidità che era il suo unico modo per sostenersi».

Molto amara la conclusione dello scritto: «Io non ho nulla contro di Voi, ho anzi il massimo rispetto, ma sono infinitamente amareggiato dal vostro atteggiamento come medici, e non potrò mai dimenticare come vidi mia mamma, con in mano le carte della vostra visita. Non potrò mai dimenticare la sua disperazione, la sua paura, il suo sentirsi sola, dimenticata, ferita». L’unica cosa che il figlio della signora spera di ottenere, conclude, «è auspicare che voi possiate farvi un esame interiore e, in futuro, ritrovare una maggiore serenità e umanità nei confronti di chi si troverà di fronte a voi, come peraltro - ripeto - credo sia giusto aspettarsi da un medico».

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