Ravenna, a processo per falso, si difende: “Erano quadri veri”. Disposta la perizia dal giudice

Ravenna
  • 29 ottobre 2025

RAVENNA - Quei dipinti sono autentici»: si è difeso così il 77enne ravennate accusato di truffa e contraffazione di opere d’arte nella vicenda dei tre quadri attribuiti a Nino Caffè - pittore abruzzese scomparso nel 1975 - e venduti a un acquirente di 52 anni, oggi costituito parte civile nel processo con l’avvocato Giacomo Scudellari. Secondo il 77enne, che ieri ha accettato di sottoporsi all’esame davanti al giudice Cosimo Pedullà, le tre opere “Pretini tra le nuvole”, “Suorine con cane” e “Pretini spaventati” sarebbero autentiche, recando la firma d’autore sul retro e le certificazioni del caso. Ma, colpo di scena di ieri, non si tratterebbe in ogni caso delle opere effettivamente vendute al suo acquirente.

Una tesi, quella sostenuta dall’uomo difeso dalla legale romana Valeria Marsano, che contrasta con quanto riferito dal consulente della Procura nella precedente udienza del dibattimento: secondo l’accusa, le tavole sono contraffatte. Ecco perché il giudice Pedullà ha rinviato il processo al prossimo gennaio, disponendo di conferire l’incarico per una perizia a un esperto d’arte. Il suo parere sarà con ogni probabilità decisivo per l’esito del dibattimento che - oltre al 52enne sentitosi beffato dal venditore - vede tra le parti civili anche l’Associazione Archivio Nino Caffè.

La vicenda risale al 2021 e inizialmente, davanti a un giudice, ha rischiato di finirci per ricettazione il 52enne assistito dall’avvocato Scudellari: notati tre oli su tavola in un annuncio su eBay, aveva contattato il venditore e, ricevute rassicurazioni sull’originalità dei dipinti, si erano stretti la mano. Per 750 euro era convinto di essersi assicurato tre Caffè degli anni ’60, addirittura con soggetti - i “pretini” e le “suorine” - tipici dell’estro dell’artista. Un affare, visto che - per quanto non si parli certamente di uno degli artisti più quotati del ’900 italiano - per le opere dell’abruzzese non mancano gli acquirenti.

E infatti, entrato in possesso dei quadri, il 52enne decise di rivenderli a una casa d’aste, che però ne contestò l’autenticità, chiedendogli un risarcimento e denunciandolo per ricettazione. L’uomo si è difeso querelando a sua volta il 77enne da cui aveva acquistato i lavori: ed è stato proprio quest’ultimo - definitosi ieri un «personaggio scomodo» negli ambienti dell’arte - a dover affrontare il processo per truffa e contraffazione.

Ora, dopo l’udienza di ieri, entrerà in scena un nuovo soggetto: il perito del Tribunale. Sarà lui a dover districarsi tra “pretini” e “suorine”, chiarendo se quelle tavole tanto discusse siano frutto della mano di Nino Caffè o di un imitatore.

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