La Berkan B perde carburante, a Ravenna combustibile in mare

Ravenna

RAVENNA. Accade quasi con la frequenza di ogni nuova alta marea. L’acqua del canale entra a bordo e si mescola con quella già inquinata che ha allagato prua e poppa del relitto, da quando si è spezzato in due. Le “risciacqua” per poi fuoriuscire con la bassa marea portando con sé gli idrocarburi in sospensione. È successo anche in questi giorni alla Berkan B, la general cargo ormeggiata nella banchina più a nord del Piomboni e sottoposta a sequestro giudiziario. Così ieri Autorità portuale, Capitaneria di porto, ormeggiatori e tecnici sono andati sul posto per un nuovo sopralluogo, intervenendo con delle panne galleggianti per contenere l’inquinamento in uno specchio d’acqua di pochi metri quadri.

Segnali premonitori

Un incidente ormai annunciato, da quando, nelle settimane recenti erano apparsi video e fotografie aeree amatoriali che documentavano il progressivo abbassamento, con il ponte della nave praticamente a pelo d’acqua. Una situazione dovuta alla rottura dello scafo, che il 4 ottobre 2017 si è squarciato in due durante le operazioni di demolizione: per un gioco di pesi e contrappesi, poppa e prua hanno smesso di galleggiare, appoggiandosi parzialmente sul fondale del canale, fino a consentire l’allagamento con acqua piovana e maree.

Era già accaduto nell’agosto scorso, e ancora a ottobre. Così anche ieri mattina, quando sono scattate le procedure di sicurezza per la bonifica dopo la segnalazione della Capitaneria. La nave è stata riormeggiata con cavi d’acciaio che hanno sostituito le cime ormai logore o lente, che assicuravano l’imbarcazione alle bitte del molo. Poi è intervenuta anche Secomar, la società che si occupa di servizi antinquinamento per il porto, che si è attivata con i suoi tecnici per aspirare gli idrocarburi pesanti rimasti entro la barriera di contenimento. L’operazione proseguirà anche oggi, finché tutto il materiale inquinante non sarà stato rimosso.

Lavori di demolizione bloccati

Si dovrà attendere però il nulla osta dell’autorità giudiziaria per riprendere la demolizione. La nave, abbandonata nel 2009 da un armatore turco, fu venduta per meno di 100 mila euro. Ad aggiudicarsi l’asta (al terzo esperimento) era stata una società consortile composta da più ditte, una delle quali aveva iniziato la demolizione. I lavori erano stati bloccati in corso d’opera dall’Ausl, dando vita parallelamente a un’indagine della Procura. La responsabilità del relitto, in qualità di custode giudiziario, era andata all’Ausl, ma sussistendo ancora i pericoli per la navigazione e la sicurezza del porto, Autorità portuale e Capitaneria di porto non hanno mai smesso di tenere gli occhi puntati su quei 108 metri di metallo parzialmente sommersi.

Il progetto di demolizione

L’immagine è quella di un gigante nelle sabbie mobili, che a ogni movimento rischia di sprofondare. Per questo Autorità portuale ha avuto il via libera dall’autorità giudiziaria per mettere mano al relitto e portarlo in sicurezza. Tant’è che ieri, assieme ai tecnici era presente anche il segretario generale dell’Ente di via Antico Squero.

«Si è trattato di uno sversamento per fortuna contenuto grazie alle panne galleggianti posizionate a luglio, che hanno protetto il porto - conferma il segretario generale di Ap Paolo Ferrandino -. Stiamo valutando anche la fattibilità tecnica per un intervento di messa in sicurezza che eviti che eventi simili si ripetano e che garantisca il galleggiamento del relitto in vista della demolizione». Un’operazione, quest’ultima, che dovrà attendere il corso delle indagini e la revoca del sequestro; ma che non impedisce ad Ap di lavorare affinché «quando sarà possibile affidare lo smantellamento a una gara pubblica, tutto sia pronto». Il rischio da evitare, prosegue Ferrandino, «è che il primo che torna a operare sopra alla Berkan B faccia finire la nave sott’acqua».

Ora però, l’urgenza è un’altra, e ha l’aspetto di una chiazza iridescente che tinge le acque a contatto con una nave non ancora del tutto svuotata di sostanze inquinanti.

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