Ravenna, anziano morto soffocato dalla cena. "Non fu colpa della casa di riposo"

Ravenna

RAVENNA. Salsiccia e carote gli erano costate la vita, soffocandolo durante il pasto consumato all’interno della casa di riposo in cui era ospite. Così, per la morte di un anziano erano stati indagati il titolare della struttura e il medico che in precedenza lo aveva visitato. D’altronde l’uomo era senza denti. Questo, secondo l’iniziale ipotesi accusatoria avrebbe dovuto allarmare i responsabili del centro e portarli a somministrare al paziente alimenti liquidi o frullati. Questo almeno fino a ieri, quando invece il giudice per le indagini preliminari Andrea Galanti ha accolto l’istanza di archiviazione presentata dalla Procura.

Accusati di omicidio colposo

L’anziano è morto ormai cinque anni fa. In seguito al decesso erano partite le indagini per individuare le eventuali responsabilità. Era subito emersa un’evidenza: il fatto che il paziente fosse privo di denti gli rendeva impossibile masticare certi alimenti, come appunto salsiccia e carote. Il soffocamento, quindi, si sarebbe potuto evitare se anziché i comuni pasti serviti agli altri pazienti, la dieta fosse stata caratterizzata da cibi frullati. Pertanto il fascicolo aperto dal pubblico ministero Cristina D’Aniello (sostituita ieri dalla collega Lucrezia Ciriello), aveva ipotizzato per il titolare del centro e per il medico (difesi dagli avvocati Antonio Primiani e Giovanni Scudellari) il reato di omicidio colposo.

Il dottore, d’altro canto, conosceva già le condizioni di salute dell’anziano, lo aveva visitato ed era consapevole che per lui fosse difficile mangiare determinati alimenti.

Pasti rifiutati

Eppure, è stato rilevato nel corso delle udienze, sarebbe stato impossibile fare altrimenti. Già in passato si era provato a servirgli cibi frullati. Ma si era sempre rifiutato categoricamente di mangiarli. Non bastasse, la reazione nei confronti degli inservienti ogni qualvolta si tentava di variare la dieta con pasti liquidi, era sempre stata aggressiva. Il paziente dava in escandescenze e diventava difficilmente trattabile dagli operatori del centro.

Nel corso delle udienze, era stato lo stesso medico ad ammettere che sì, sarebbe stato meglio somministrare alimenti frullati, ma che di fatto era impossibile farlo. Allo stesso modo però, non si poteva certo lasciarlo a digiuno.

Nessuna alternativa

L’unica alternativa per nutrire l’anziano sarebbe stata sedarlo per tranquillizzarlo e fare tutto per via endovenosa. Possibilità, anche questa, esclusa però a priori data l’età avanzata e i problemi di salute che comunque lo affliggevano. Delle due l’una, si è arrivati a concludere prima della richiesta di archiviazione per i due indagati: o si rischiava di lasciarlo denutrito, oppure si accettava il rischio che fosse proprio il cibo a rappresentare un pericolo, andando di traverso. Fatalità –ha stabilito il giudice – che alla fine si è verificata senza responsabilità penali.

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