Ravenna, con la lametta sfregiava la pancia della moglie incinta per farla abortire

Ravenna

RAVENNA. Lui è un 29enne di origine tunisina, lei la sua compagna di vita, originaria di Rimini ma residente a Ravenna, rimasta incinta e costretta a subire ogni tipo di lesioni e vessazioni, fino a quando i carabinieri sono riusciti a porre fine alle violenze arrestando il marito, che ieri mattina è comparso davanti al gup Janos Barlotti, dove ha patteggiato una pena a 2 anni e 4 mesi di reclusione.

La scintilla che avrebbe scatenato l’ira del 29enne sarebbe stata proprio lo stato di gravidanza della moglie. Facendolo arrivare ad azioni da brividi, come quella di prendere in mano una lametta e iniziare a sfregiarle la pancia, nel tentativo di obbligarla ad abortire. Nel corso della gravidanza è stata oggetto di continue vessazioni sia fisiche che verbali. Prima minacce di morte, poi pugni e schiaffi che le causarono anche evidenti ferite al volto.

Pur di farle porre fine a quella gravidanza da lui indesiderata, l’uomo aveva costretto la moglie a vivere in un costante stato di prevaricazione e mortificante oppressione, al punto tale da terrorizzarla. Tuttavia la giovane non aveva mai desistito, facendo così salire la rabbia del marito, che un giorno era arrivato al punto di prendere in mano una lametta e sfregiarle l’addome. Un’aggressione scioccante a cui era seguito, sempre nello stesso momento di follia, un altro taglio provocatole all’altezza della giugulare. Ferita per la quale la donna era dovuta correre all’ospedale, dove le erano stati messi quattro punti di sutura.

Via di casa

Per sfuggire a quella follia, la moglie un giorno aveva scelto di fare denuncia e scappare dal marito violento, rifugiandosi a casa di un’amica ravennate. L’ira del 29enne però non si era placata. Anzi tutti il contrario. E dopo aver scoperto la nuova dimora della moglie aveva deciso di andarla a prendere. È il 6 luglio di quest’anno e le due donne sono all’interno dell’abitazione, quando iniziano a sentire degli strani rumori che provengono dalla finestra chiusa. Fuori c’è proprio quel giovane tunisino, che sta prendendo a pugni la tapparella gridando come un pazzo. «Fatemi entrare - urla - altrimenti vi ammazzo tutte e due con il coltello che ho in tasca». Davanti alla resistenza della moglie e della sua amica, l’uomo solleva di peso la tapparella e con un pugno riesce a sfondare il vetro della finestra, introducendosi dentro casa. Subito iniziano le minacce e le violenze, perché il 29enne vuole che la donna rimetta la querela nei suoi confronti. Dopo poco dentro quella casa arrivano i carabinieri, prontamente avvertiti dalle due donne. Il giovane, dopo l’identificazione, viene accompagnato in ospedale per medicare le ferite alla mano, riportate dopo aver spaccato il vetro della finestra per introdursi dentro casa. Ma in attesa dei medici si lancia a terra e inizia a sbattere la testa contro il muro provocandosi altre lesioni.

Ieri il processo. Con il 29enne, difeso dall’avvocato Francesco Furnari e accusato di maltrattamenti in famiglia (con l’aggravante di averli posti in essere contro una donna incinta), lesioni personali, minacce, violazione di domicilio e resistenza a pubblico ufficiale, che ha patteggiato una condanna a 2 anni 4 mesi di reclusione.

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