Cieca ingannata sulla polizza mutuo, impiegata di banca a processo a Ravenna

L’accusa di circonvenzione
Risale a febbraio 2013 l’apertura del mutuo e della polizza. La donna, coetanea della funzionaria di banca, aveva acquistato un appartamento a Ravenna aprendo un mutuo da 114mila euro. Su suggerimento dell’impiegata della filiale, aveva quindi sottoscritto una polizza del valore di 5mila euro, che ammortizzata nelle rate del mutuo era salita con gli interessi a un costo di circa 9mila euro. Per l’accusa, rappresentata ieri in aula dal vice procuratore onorario Adolfo Fabiani, l’imputata aveva approfittato della disabilità della signora - come recita il capo di imputazione - per procurare alla compagnia di assicurazione un profitto e anche per beneficiare a sua volta delle provvigioni del prestito concesso dall’istituto di credito. Le viene contestato cioè di aver fatto leva sullo “stato di infermità” dato dall’handicap visivo per indurre la cliente a scegliere la copertura del rischio di malattia, e di averla rassicurata in più occasioni che in tal modo sarebbe stata del tutto coperta in caso di malattie o infortuni tali da impedirle di lavorare e guadagnare il necessario per fare fronte alla rata.
La malattia
Nel gennaio 2015, però, era subentrata un’ulteriore malattia. In seguito a un’encefalite l’Inps aveva certificato alla 54enne un’invalidità permanente, tale da impedirle di lavorare. La donna aveva presentato la documentazione alla banca, ma si era poi trovata di fronte al muro di gomma dell’assicurazione, decisa a non estinguere il debito. Per questo la cliente, tutelata dall’avvocato Cristina Benasciutti, si è ora costituita parte civile.
Per la difesa dell’impiegata, invece - rappresentata dall’avvocato Manuela Mengucci (ieri in aula sostituita dalla collega Lisa Venturi) - era chiaro che l’assicurazione non copriva i casi di lavoratore dipendente. E adesso punterà a dimostrarlo davanti al giudice Beatrice Marini con i testi chiamati a deporre alla prossima udienze. Deposizioni, quelle della difesa, volte a dimostrare che i patti erano chiari, e che non esiste una polizza come quella che la cliente pensava di avere firmato.