Appalti fittizi e falsi part-time: in arrivo centinaia di vertenze a Ravenna

RAVENNA. L’estate è terminata, gli ombrelloni lungo la spiaggia sono ormai tutti chiusi, e il bilancio di fine stagione è noto: il mare quest’anno ha fatto segnare un decremento di presenze, mentre la città è cresciuta.

Ma c’è un tema che riguarda il turismo a 360 gradi che è sempre uguale e soprattutto che va oltre le stagioni. Si tratta dei contratti di lavoro, un settore in cui l’inventiva di certi imprenditori per pagare meno possibile, sembra proprio non avere limite. Il “nuovo” trend è quello dei cosiddetti “appalti fittizi”. In buona sostanza vi sono società che prendono in gestione attività come bar, ristoranti, alberghi e stabilimenti balneari, pagando un canone di affitto al titolare ma prendendo di fatto in mano tutta la gestione dell’esercizio. Compresa quindi anche l’assunzione e il pagamento degli stipendi dei dipendenti.

Quello che sta accadendo è abbastanza singolare, tanto che in tutta la provincia di Ravenna si parla di centinaia di vertenze che verranno aperte entro fine anno dai lavoratori, per mezzo dei sindacati di riferimento. Forse addirittura oltre le 500 tra problemi di appalti fittizi e dei rinomati “falsi part-time”.

Come funziona

Posando l’attenzione sugli appalti – su cui sia il Comune che la Regione stanno aprendo diversi tavoli di confronto, per trovare un argine e una soluzione al fenomeno – la gestione del personale avviene in maniera alquanto anomala. In buona sostanza il dipendente (barista, cameriere ecc…) viene assunto con un contratto che prevede una retribuzione che va dai 1.000 ai 1.200 euro. Alla fine del mese, però, i lavoratori si trovano davanti ai loro occhi una busta paga diversa da quella che si aspettano. La metà, a volte anche meno, dello stipendio è infatti elargito come normale retribuzione, pretendendo quindi anche il versamento dei contributi ai fini pensionistici e il pagamento delle tasse. L’altra metà è invece accreditata sotto la voce “trasferimento Italia”.

Cosa significa? La normativa prevede che una società, qualora gestisca realtà imprenditoriali sparse in diversi comuni d’Italia, possa trasferire i propri dipendenti da un posto all’altro, riconoscendo loro un’indennità. Così facendo all’azienda vengono concessi fortissimi sgravi sia contributivi che di imposta. Fino a qui nulla di strano, se non fosse che nei casi dei lavoratori ravennati in realtà, questi non sono mai stati trasferiti proprio da nessun’altra parte. In pratica è solo un “giochino” per pagare meno tasse e meno contributi ai lavoratori che, se non vogliono perdere lo stipendio, sono di fatto costretti ad accettare questa pratica truffaldina.

Le vertenze

Molti dipendenti del Ravennate però non sembrano intenzionati ad avallare questa politica. E così hanno iniziato a rivolgersi in massa ai sindacati, per cercare di far valere le proprie ragioni e vedersi riconosciuti i contributi sulla totalità dello stipendio ricevuto. Al momento, visto la particolarità e la novità della problematica, dagli uffici della Cisl stanno ancora valutando se, per tutelare le persone coinvolte, sia meglio agire tramite l’Ispettorato del lavoro o se portare i casi direttamente in tribunale.

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