«Giulia è stata uccisa». Ma dovevano saperlo solo gli investigatori

Ravenna

RAVENNA. «Vidi i tre bambini che dormivano e chiesi alla nonna dove fossero i genitori. Disse che Matteo Cagnoni non c’era e che la moglie era stata uccisa tre giorni prima a Ravenna durante una rapina da parte di un albanese. A quel punto arrivò il marito che la zittì portandola via».

Il racconto della dirigente

A parlare è Maria Assunta Ghizzoni, vicequestore aggiunto della polizia di Firenze che la notte tra il 18 e il 19 settembre 2016 fu incaricata di cercare a Firenze il dermatologo 51enne a processo con l’accusa di aver ucciso la moglie Giulia Ballestri da cui si stava separando. Un dialogo riferito in Corte d’assise relativo allo scambio di battute tra la dirigente della Mobile con Vanna Costa, madre dell’imputato. Frasi riportate su cui c’è stata battaglia tra la difesa (gli avvocati Giovanni Trombini e Francesco Dalaiti) e la pubblica accusa rappresentata dal sostituto procuratore Cristina D’Aniello sulla base di pronunce della Cassazione e orientamenti giurisprudenziali, scontro risolto dal presidente della corte, il giudice Corrado Schiaretti (a latere Andrea Galanti), che ha ammesso la testimonianza sentendo dettagliatamente sul punto anche l’altro agente, Antonio Lei, che ha confermato le stesse parole. «Stavamo cercando Matteo Cagnoni e la signora fornì risposte contraddittorie. Che c’era, poi che non c’era, che era qui, no di là tanto che pensai che ci stesse prendendo in giro – riprende la Ghizzoni –. A un certo punto, nel controllare le varie stanze dell’enorme villa aprimmo la porta della stanza dei bambini che dormivano. Richiudemmo subito per non svegliarli, non si erano accorti della nostra presenza e chiesi di nuovo dove si trovasse Matteo Cagnoni. Rispose che non c’era e insistetti. “Ma come, sono soli?”. Disse che il padre non c’era e che la madre era morta due o tre giorni prima in una villa appartenente al nonno a Ravenna a seguito di una rapina. Restai impietrita anche perché solo pochi istanti prima il collega Gionata Sbaraglia mi aveva fatto vedere sul suo telefonino il messaggio appena ricevuto dal sostituto commissario Stefano Bandini da Ravenna». Sul display c’erano scritte solo tre parole, che Sbaraglia custodisce ancora nella memoria del cellulare: «trovato il cadavere». Sono le 00.48 e a quell’ora ancora nessuno a parte gli inquirenti sapeva della morte di Giulia Ballestri, il cui corpo era appena stato ritrovato. «Io stessa sapevo solo che era stata trovata senza vita, non come era morta e nemmeno dove fosse avvenuto il decesso – riprende la Ghizzoni –. La signora Costa cercò di giustificarsi sostenendo che la notizia non era stata ancora divulgata. In quel frangente è però arrivato il marito che l’ha redarguita allontanandola».

Le chiamate della vigilanza

E che nessuno a Firenze potesse sapere in quel momento che Giulia fosse stata trovata massacrata nella villa disabitata di via Padre Genocchi lo conferma anche Silvio Zauli, l’operatore di centrale della ditta di vigilanza Colas a cui era collegato l’impianto di allarme della casa dei giardini pubblici. «Fui contattato poco dopo mezzanotte dalla polizia per inviare una guardia giurata per aprire la casa perché dovevano procedere a un controllo. Chiesi se potevo avvisare i proprietari e mi dissero di sì, allora chiamai i numeri indicati sulla scheda. Prima la signora Ballestri al cellulare, ma si attaccò la segreteria, poi il signor Matteo Cagnoni, ma non rispose. Provai col custode chiedendo se voleva venire sul posto e mi disse di no, chiedendomi solo di avvisarlo sull’esito dell’accertamento l’indomani. A quel punto provai con l’utenza fissa di Mario Cagnoni a Firenze, rispose la moglie che me lo passò, riferii della richiesta della polizia e lui mi disse che avrebbe richiamato il mattino seguente. Alle 00.53 il vigilante sul posto mi informò che era stato trovato un cadavere, ma non sapeva neppure se fosse uomo o donna. Richiamai il fisso di Firenze e alle 00.56 mi rispose nuovamente la signora Vanna Costa. Le dissi che era stato trovato un cadavere nella villa e lei mi rispose “va bene, ci sentiamo domani”».

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