Tutti contro i sacchetti bio a pagamento. Confcommercio ammette: regna il caos

Ravenna

Quei sacchetti biodegradabili a pagamento nei quali è obbligatorio mettere, carne, verdura e anche prodotti acquistati in farmacia proprio non vanno giù. Non solo ai consumatori, le cui proteste si sono in qualche caso trasformate in ingiurie ai negozianti, ma anche agli stessi commercianti che, per evitare di scontentare il cliente e perderlo, stanno prendendo le più svariate iniziative personali.
Negozio che vai, uso che trovi
C’è un fruttivendolo a Ponte Nuovo che afferma che non lo farà mai pagare ai suoi clienti, un negoziante del centro che lo batte nello scontrino, a un centesimo, ma poi non lo chiede, un supermercato che accanto ai sacchetti biodegradibili ha messo quelli di carta usati di solito per il pane, così in modo da abituare i clienti alla transizione.
Regna il caos
Ma di una cosa è certo il presidente di Confcommercio Ravenna Mauro Mambelli, «regna il caos, le lamentele dei nostri associati crescono e come categoria stiamo valutando come organizzarci, nella consapevolezza che una nuova normativa richiede sempre tempo per essere assimilata».
Attenzione alle multe
Anche se la stessa legge parla chiaro: commercianti e farmacisti sono obbligati ad usare solo sacchetti biodegradabili, devono farli pagare (di solito tra 1 e 3 centesimi) e batterli nello scontrino pena sanzioni.
«Per i piccoli commercianti – sottolinea Mambelli – c’è anche il problema della reperibilità, cosa più facile per le grandi catene di distribuzione alimentare. E’ un balzello che ricade anche sulla categoria, non solo sui consumatori, soprattutto perchè va usata solo una tipologia di sacchetto e anche perchè chi vuole mantenere i clienti evita di farli pagare. Spero proprio che si possa in qualche modo “aggiustare” la normativa, così com’è rasenta il ridicolo».
Uso, riuso e rifiuto
Non è infatti ancora neanche chiaro se i clienti possano portarsi i sacchetti da casa in modo da riutilizzarli più volte. Se il problema è la biodegradibilità e quindi la salute del pianeta non si capisce perchè non si possano acquistare una volta e poi riusarli le volte successive. E anche qui regna il caos, ci sono commercianti rigidi che non lo permettono, altri che non dicono nulla, altri, come alle casse dei supermercati, che fanno finta di non vedere per evitare discussioni con il cliente che, conferma Mambelli «in alcuni casi sono arrivati a pesanti offese». Il tutto per una scelta dettata dall’Europa, che ha obbligato il nostro Paese a una legge, approvata lo scorso agosto, che dice che i sacchetti (chiamati spesso “shopper”) devono essere biodegradabili e compostabili, certificati da enti appositi. E per questo sono compatibili con il sistema impiantistico nazionale e con le modalità di raccolta diffusi sul territorio; per cui possono essere utilizzati per il contenimento dell’umido domestico. Con grande soddisfazione degli enti di tutela ambientale, un po’ meno dei cittadini che se in farmacia possono anche rinunciare al sacchetto fanno più fatica a non usarli per pesare la frutta.

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