Ravenna, cambiali sparite per 150mila euro dalla coop di Gianni Fabbri

Ravenna

RAVENNA. Avrebbe dovuto portare ossigeno alle casse della società edile che stava attraversando un momento di crisi, recuperando crediti e garantendo l’acquisizione da parte di un gruppo imprenditoriale con sede a Londra. Invece la maxi operazione finanziaria del valore di quasi 19 milioni era andata a monte. E quello che era stato presentato come il “salvatore” del gruppo era sparito: con lui due cambiali da quasi 76mila euro l’una, due telefoni aziendali e l’auto fornita per gli spostamenti.

E’ questo, per sommi capi, quanto contestato a un 60enne romano accusato di appropriazione indebita nei confronti di una realtà imprenditoriale nota alle cronache cittadine: la Ecis scc, società consortile conosciuta per essersi aggiudicata i lavori di impiantistica per Marinara e per l’ex hotel Holiday Inn. Ma ancor più noto è l’amministratore delegato del gruppo, vale a dire Gianni Fabbri, che a pochi giorni dalla sentenza che lo ha condannato in primo grado a 4 anni per il fallimento del Ravenna Calcio, è stato nuovamente chiamato in tribunale nelle vesti di testimone.

L’affare negli Emirati Arabi

Fu lui, assieme a altri due rappresentanti del gruppo, a presentare verso la fine dell’estate 2014 la denuncia nei confronti del sedicente professionista a cui aveva affidato le operazioni per risollevare la Ecis. Lo aveva conosciuto nel giugno di quello stesso anno, ha riferito rispondendo alle domande del vice procuratore onorario Simona Bandini, davanti al giudice monocratico Federica Lipovscek. «Me lo presentò un notaio ravennate, disse che era socio di una società inglese». La proposta era allettante in un momento in cui «avevamo in ballo un importante lavoro negli Emirati Arabi. Lui sarebbe dovuto entrare con 15 milioni, più altri 4,5 sarebbero serviti per appianare le situazioni debitorie».

La collaborazione era stata messa nero su bianco con un contratto preliminare: 20mila euro subito, più altri 30mila alla consegna di due cambiali che il consulente avrebbe dovuto recuperare per un credito vantato dalla Ecis. Di fatto «svolgeva l’attività amministrativa», ha puntualizzato Fabbri, «per la quale aveva chiesto due telefoni e un’auto per i frequenti viaggi fino all’aeroporto di Bologna».

Assegni scoperti

I dubbi erano sorti il mese dopo. «Ci furono consegnati assegni in sterline, che risultarono scoperti – ha aggiunto Fabbri –, e quando chiedemmo le cambiali ci fu detto che le aveva la società di Londra». A luglio i rapporti erano ormai rotti: saltato l’ingresso del gruppo inglese e quello di un’altra ditta edile di Arezzo (rivelatasi già in liquidazione), Ecis aveva chiesto indietro anche l’auto e i cellulari. Nessuna risposta. «Continuammo invece a ricevere gli scontrini del Telepass, dai quali vedemmo che i viaggi non erano verso l’aeroporto di Bologna ma verso sud, a casa sua». Nella bagarre era arrivata anche una mail del presunto socio londinese, «scritta in un inglese maccheronico».

I controlli scattati dopo la denuncia presentata alla guardia di finanza avevano fatto emergere altri specifici episodi di cronaca nei confronti del 60enne, ora difeso dall’avvocato Marco Rigamonti. Le Fiamme Gialle avevano così proceduto a notificare l’ordinanza di sequestro preventivo delle cambiali. Ma queste, a suo dire, erano già volate oltre Manica, in attesa della seconda parte del compenso pattuito. Una versione che sarà meglio delineata nella prossima udienza, con la deposizione dei testi della difesa.

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