Unindustria provinciale commissariata. Oggi s'insedia il comitato di reggenza

Muro contro muro
Epilogo per molti versi annunciato, dopo i rilievi mossi a seguito dell’esposto inviato all’inizio dell’anno da 9 soci ai vertici nazionali; le dimissioni del presidente Italo Carfagnini presentate l’8 gennaio col subentro del reggente Stefano Minghetti e la lettera di Confindustria nazionale che, dopo la riunione del 16 gennaio, imponeva a presidente reggente e alla direzione di limitarsi a svolgere l’ordinaria amministrazione, in attesa degli accertamenti in corso a seguito dell’esposto sopra ricordato.
Lo scontro
«Si sono aggrappati ad aspetti meramente formali di alcune decisioni assunte – ha replicato fin da subito un nutrito gruppo di soci solidali al presidente dimissionario, con tanto di raccolta firme per chiedergli di recedere dalla propria decisione – solamente per fermare la proposta di Carfagnini di soprassedere alla fusione pretesa da Ravenna e Rimini, già unite in una pretenziosa Confindustria Romagna, per procedere, invece, a una federazione delle realtà territoriali che fosse in grado di salvaguardarne le rispettive peculiarità agendo comunque come un unico soggetto».
L’ex presidente
«Ho sempre dichiarato che era giusto fare Confindustria Romagna, tutelando però il dna proprio di ogni territorio», ribadisce con forza proprio Carfagnini. «Progetto sul quale avevo anche ottenuto piena disponibilità da parte di Guido Ottolenghi e Paolo Maggioli (presidenti di Ravenna e Rimini ndr), per poi veder arenare tutto dopo l’esposto dei 9 e la prova di forza dei probiviri nazionali con accuse assolutamente sproporzionate agli errori formali che possiamo aver commesso. Personalmente, al di là di quanto denuncia una cattiva informazione, penso di aver fatto il presidente da volontario per l’esclusivo bene dei nostri associati mentre altri sono stati animati solo da interessi privati».
Gli scenari
Carfagnini, pur lasciando aperto uno spiraglio - «mi auguro che la situazione possa ricomporsi» - non si sente di escludere nessuno sviluppo, «anche quello di una scissione da parte delle decine di associati di Forlì-Cesena che non sono d’accordo con la politica del nazionale».