Lo straordinario incontro tra David Lynch e i ragazzi del liceo Oriani

Ravenna

RAVENNA. “Eraserhead” (40 anni nel 2017), “The elephant man”, “Cuore selvaggio”, “Strade perdute”, “Una storia vera”, “Inland empire” e poi ancora “Mulholland drive” (che di recente è stato giudicato dalla redazione cultura della Bbc il miglior film del secolo), la doppia serie “Twin Peaks”, tre album rock magnifici, mostre pittoriche mozzafiato. Insomma, David Lynch è un mito, e non a caso è stato, qualche giorno fa, uno degli ospiti più importanti della Festa del cinema di Roma, dove ha ricevuto il premio alla carriera. Ieri però l’inventore di Laura Palmer e di Fred Madison è stato ospite anche di un altro festival, molto più vicino a noi, anzi vicinissimo, visto che si tratta del Ravenna Nightmare film fest, grazie al progetto speciale a sviluppo triennale “L’arte del silenzio. Omaggio a David Lynch”, che ha coinvolto gli studenti del liceo scientifico Oriani sul tema “meditazione, creatività e pace”.

La meditazione trascendentale

Proprio nell’aula magna dello scientifico, Lynch ha incontrato una delegazione degli studenti delle scuole cittadine, rispondendo con generosità a tantissime domande. Risposte con un leitmotiv ricorrente: per Lynch la via della felicità passa per la meditazione trascendentale.

«Con la meditazione trascendentale mi salvo tutti i giorni – ha detto –. Questo mondo è pieno di negatività e stress, che schiacciano i tubi dentro cui scorrono le idee. La meditazione è una chiave che permette di aprire la porta di un campo interiore che è strabordante di creatività. È una tecnica che può aiutare qualsiasi persona a raggiungere l'illuminazione. Gli esseri umani sono creature meravigliose e hanno di fronte un'immensa gamma di possibilità».

Ma nello specifico, si chiedono alcuni studenti, qual è per il grande regista americano la relazione tra meditazione trascendentale e creatività?

«Viviamo sulla superficie della realtà – spiega Lynch – ma la scienza ci dice che sotto la superficie ci sono tanti livelli, tanti elementi, molecole, atomi, particelle subatomiche e così via fino ad arrivare a quello che viene chiamato il “campo unificato”, un campo eterno dove alloggia la conoscenza totale. Lì c’è solo positività, c’è intelligenza senza fine, creatività, felicità, amore, energia. Ecco, quando un essere umano davvero trascende e sperimenta questo campo interiore, la creatività si estende alla ragione e inizia a crescere senza fine. Quella trascendentale è una forma molto antica di meditazione, introdotta in occidente nel 1958 da Maharishi Mahesh Yogi». Maharishi che, tra l’altro, Lynch definisce «la sua massima fonte di ispirazione anche artistica».

Arte non vuol dire sofferenza

Ma di fronte a tanto ottimismo, non è che si corra il rischio di perdere quella sana sofferenza, quelle tribolazioni e quelle inquietudini che hanno ispirato in passato gente come Leopardi o Van Gogh?

Lynch la pensa diversamente: «Capisco che chi medita possa aver paura di perdere la tensione e i conflitti interiori che innescano la creatività, ma dopo quarantaquattro anni di meditazioni posso dirvi che non succede assolutamente, anzi. L'idea dell’artista triste e affamato è romantica e affascinante, ma la sofferenza non è necessaria all'arte, basta che l’artista la capisca e la sappia descrivere. La meditazione fa proprio questo: ti dà gli strumenti per vivere anche la tensione creativa positivamente».

E come dargli torto dopo aver visto l’episodio 8 del nuovo “Twin Peaks”? In generale, per Lynch «la creatività è quella sorta di fotografia mentale o anche di suono in grado di dare indicazioni su quale sia l’idea migliore tra quelle che continuamente fluiscono nella mia mente».

Il surrealismo cinematico

Da dove arriva però quello che è stato definito più volte come “surrealismo cinematico”, quella difficoltà di «definire non solo l’esperienza di guardare un film di Lynch ma persino la stessa natura di quello che si è visto», come ha scritto Chris Rodley in Lynch secondo Lynch?

«Il linguaggio cinematografico – dice il regista di “Velluto blu” – può esprimere le astrazioni in modo formidabile. Certo, anche un poeta può farlo con le parole, ma il cinema è in grado di unire certi pensieri e sensazioni che sembrano molto reali ma che invece è davvero difficile esprimere e parole; c’è qualcosa di molto speciale in un insieme di suoni e immagini che fluiscono insieme nel tempo, qualcosa che porta a un’astrazione che al tempo stesso è concreta».

Esiste ancora il cinema d’autore?

Ma è ancora possibile, oggi – chiede uno studente cinefilo – parlare di cinema d’autore, come poteva essere quello di Fellini, Bergman, Tarkovskij, oppure ormai è solo puro intrattenimento?

«Tutto è possibile – è la risposta di Lynch –, le cose vanno per cicli. Negli anni 60 e 70 c’è stata una grande ondata di autori geniali ma ora il cinema d’autore versa in condizioni molto difficili. Sono convinto che se “8 ½” di Fellini uscisse oggi sarebbe in programmazione solo nelle città più grandi e per non più di una settimana, per poi finire alla tv a pagamento. Ma credo che proprio le tv via cavo siano la nuova casa del cinema d’autore, una possibilità per gli autori di realizzare opere liberamente. Quello sembra davvero il futuro».

Twin Peaks

Una curiosità su “Twin Peaks”, naturalmente, non poteva mancare: alla fine della prima serie Laura Palmer dice all’agente Cooper che si rivedranno dopo 25 anni, quindi David Lynch aveva già deciso di riprendere la serie ai giorni nostri? Laconica la risposta: «No».

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