Morti sospette in corsia a Lugo, chiesto un altro ergastolo
Il movente
Quelle sostanze letali, la Poggiali le avrebbe iniettate al paziente con un preciso movente: l’anziano era l’ex datore di lavoro del fidanzato, col quale la donna aveva avuto una discussione qualche anno prima. Era il 3 giugno del 2009 e l’infermiera aveva minacciato di morte sia lui che la segretaria, con frasi che l’accusa ritiene affatto casuali: «Fate in modo di non capitarmi sotto, perché vi faccio fuori».La notte del decesso
Era bastato attendere, e quel “capitare sotto” per l’accusa si era concretizzato, appunto, cinque anni dopo. Montanari era stato ricoverato il 6 marzo 2014 per uno scompenso cardiaco finendo nel reparto di Medicina del nosocomio lughese, dove lavorava l’infermiera. Le sue condizioni erano però in miglioramento, tant’è che per il paziente, considerato in buone condizioni, erano state disposte le dimissioni il 13 marzo mattina.Una pura coincidenza dà il via a circostanze che per l’accusa sono tutt’altro che casuali. La Poggiali rientra dalle ferie l’11 marzo e scopre che Montanari è ricoverato al settore D, prospiciente al suo. Allora insiste per sostituire l’infermiera di turno nel “giro delle glicemie”. Nonostante le proteste della collega, la notte del 12 marzo entra nella stanza in cui è ricoverato l’anziano. A quel punto i tempi sono serrati: il 95enne muore tra le 22 e le 22.15, poco dopo un’iniezione praticata dalla Poggiali, la quale, si allontana dalla camera per fare ritorno qualche istante più tardi, secondo l’accusa nel chiaro intento di scongiurare manovre di rianimazione.
L’ipotesi del cloruro di potassio
Ma che cosa ha ucciso Montanari? La Procura esclude l’infarto (i compagni di stanza non si sono accorti di nulla) né un’aritmia (considerato che l’anziano nel 2012 era stato dotato di pace maker). L’ipotesi allora tira in ballo il cloruro di potassio, letale in pochi minuti e non individuabile nel lungo periodo. È la storia che riporta al processo per la morte di Rosa Calderoni, datata 8 aprile di quello stesso anno, in una scia di decessi - anche questo è emerso ieri in aula illustrando la cornice dei fatti - che secondo una consulenza statistica disposta all’epoca dall’ospedale, vedeva il tasso di mortalità duplicare quando di turno c’era la 47enne. Anche per questa ragione l’Ausl si è costituita parte civile, chiedendo una provvisionale di 50mila euro.A partire da queste argomentazioni che puntano su un compendio probatorio fatto di indizi molteplici, la difesa - rappresentata dagli avvocati Lorenzo Valgimigli e Gaetano Insolera - avrà tempo fino alla prossima udienza per controbattere al fine di dimostrare l’innocenza della Poggiali.