Migranti, nasce la Carta di Ravenna: “Rivedere il sistema degli sbarchi”

Ravenna
  • 23 novembre 2025

RAVENNA - Nasce la Carta di Ravenna, attraverso la quale enti locali e Ong intendono chiedere alle istituzioni nazionali ed europee un maggiore coordinamento per il soccorso in mare e l’accoglienza di migranti. Palazzo Merlato è capofila dell’iniziativa, che a maggio di quest’anno ha visto un prologo con l’organizzazione, proprio a Ravenna, della prima Conferenza nazionale sul tema, cui hanno partecipato rappresentanti di Comuni e Regioni, parlamentari italiani ed europei, funzionari Onu e le organizzazioni non governative Emergency, MSF Geo Barents, Mediterranea Saving Humans, Open Arms, ResQ, Sea Watch, Solidaire, SOS Mediterranée. Il documento è stato adottato dal Comune di Ravenna con una delibera di giunta pochi giorni fa: il prossimo passo sarà sottoporlo a Governo e Parlamento italiani, oltre che alla Commissione, al Consiglio e al Parlamento europeo e al Consiglio d’Europa.

Dieci i punti in cui si articola la Carta di Ravenna, con altrettante richieste volte a migliorare la gestione dei flussi migratori in un’ottica transnazionale. Tra le istanze di cui il decalogo si fa portatrice, c’è quella di «rivedere la pratica di assegnazione dei porti lontani per l’approdo dei sopravvissuti dopo il salvataggio, riducendo la distanza che costringe le navi di soccorso a compiere viaggi lunghi ed inefficienti, approdando in luoghi spesso distanti da quelli in cui sono situati i progetti che accoglieranno, riducendo drasticamente il presidio del mare interessato dai naufragi e ritardando l’accesso dei sopravvissuti ai servizi essenziali a terra». Un tema, questo, che a Ravenna fa discutere dal 31 dicembre del 2022, quando al porto approdò per la prima volta una nave Ong, la Ocean Vinking, con 113 migranti a bordo. Da allora gli sbarchi sono stati 21, per un totale di 2088 profughi accolti (di cui 326 minori non accompagnati) e poi distribuiti nei vari centri dentro e fuori la regione. Altro punto fondamentale della Carta è quello che chiede di «definire formalmente i criteri per l’assegnazione dei porti di approdo», vista «la necessità di attivare un progetto di sostegno ed un coordinamento tra le città individuate come “porti sicuri”».

Oltre alla volontà di perfezionare il percorso di adesione formale dell’Ue alla Convenzione europea dei diritti dell’uomo e di maggiore coordinamento sia a livello interno che internazionale, la Carta punta anche ad una «integrazione locale delle reti» per «rafforzare il Sistema di Accoglienza e Integrazione (SAI)». Su questo aspetto, si sostiene che «i centri di accoglienza straordinaria devono garantire con continuità l’insegnamento della lingua italiana». C’è poi il tema del divieto di soccorso multiplo, che si chiede di eliminare poiché «può configurare anche il reato di omissione», mentre un punto importante, l’ottavo, è riservato all’occupazione: «Consentire - si legge nella Carta - ai richiedenti asilo che lavorano di contribuire ai costi legati all’ospitalità ed evitare la revoca delle misure di accoglienza», valorizzando i percorsi di autonomia di chi ha fatto domanda di protezione internazionale per evitare che si scivoli nel baratro del lavoro nero e del caporalato. Allo stesso modo con il nono punto, che tratta il sistema delle quote di ingresso, si chiede di «rivedere le procedure di ingresso tramite quote, che hanno determinato finora risultati inefficaci e inefficienti, nonostante la domanda del mercato del lavoro». Questo perché, secondo il documento, la mancata applicazione della normativa che consente di non revocare il nulla osta all’ingresso e la quota, quando la causa del ritardo nella sottoscrizione del contratto di soggiorno non sia imputabile al lavoratore migrante, «sta trasformando lavoratori regolarmente soggiornanti in cittadini irregolari». Infine la burocrazia, con l’obiettivo di snellire le procedure riguardo alla Piattaforma digitale nazionale dati.

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