«Lui sì, lui non era coperto». Al processo a Ravenna per i finti vaccini Covid il medico indica politici, sportivi e camici bianchi a cui simulò l’iniezione

In aula sfilano i nomi di ex politici, sportivi, pubblici ufficiali, medici. Tutti uniti da un comune denominatore: il dottor Mauro Passarini. Durante la pandemia si sarebbero rivolti a lui, all’epoca convenzionato con l’Ausl, per farsi vaccinare. Secondo l’accusa sapevano di poter contare su un medico compiacente, disposto a farli figurare come vaccinati a fronte di dosi in realtà mai inoculate o semplicemente diluite. Alcuni erano suoi mutuati. Altri no. E arrivavano da fuori provincia se non da fuori regione.
Ieri, ad ascoltare uno ad uno i loro nomi in tribunale a Ravenna, c’era Passarini in persona. Non più nella veste di imputato, ma di teste assistito dall’avvocato Carlo Benini, nell’ultimo capitolo del maxi processo partito con 249 persone accusate di falso in concorso e ora approdato a dibattimento davanti al giudice Natalia Finzi con gli ultimi 98 imputati rinviati a giudizio.
«Me lo chiedevano i pazienti»
Passarini oggi ha 68 anni. Per questi fatti ha patteggiato la pena a 2 anni per falso, peculato ed evasione, vedendosi revocare la convenzione con l’azienda sanitaria. Passo sommesso, abito scuro, si siede sul banco dei testimoni. La voce inciampa più volte nel microfono, tradendo un certo imbarazzo nel rispondere alle domande del sostituto procuratore Angela Scorza. «Io ho fatto quello che mi è stato richiesto dai pazienti», assicura.
Tre gli interrogatori resi nel corso delle indagini dal dottore, dopo l’arresto avvenuto alle porte dell’ambulatorio di Marina di Ravenna nel novembre del 2021. Il pm ne legge un estratto chiave con una confessione che pesa su buona parte degli imputati: tutti i non mutuati sono venuti da me consapevolmente e su loro richiesta non li ho vaccinati pur registrando l’avvenuta vaccinazione sul portale Sole Web.
Restano gli assistiti, ma qui i ricordi del medico si fanno più fumosi e si scontrano con i successivi accertamenti anticorpali che in svariati casi hanno mostrato la totale assenza di protezioni contro il virus. «I test - replica Passarini - sono più o meno affidabili a seconda del periodo in cui vengono fatti, ci sono recenti non italiani...». In fondo all’aula, ad ascoltare la deposizione c’è il professor Vittorio Sambri, direttore del laboratorio unico dell’Ausl Romagna di Pievesestina, che per la Procura esaminò le provette di sangue dei pazienti sottopostisi al test anticorpale. Sarà lui, dopo la deposizione del dottore, a smentire le teorie del teste, compresi i timori sui possibili effetti collaterali.