La siccità può aiutare il porto di Ravenna e l'Adriatico
RAVENNA - Il porto di Ravenna e il Mediterraneo potrebbero beneficiare della siccità che rende difficile la navigazione dei grandi fiumi del Nord Europa, fondamentali per il sistema dei trasporti continentale, ma d’altro lato potrebbe risentire dell’aumento dei dazi del canale di Suez che da gennaio rincareranno fino al 15%. Per il 2023 traspare una certa preoccupazione generale: «Le fermate aziendali di queste settimane potrebbero diventare definitive». Sono parole e prospettive che emergono dalla relazione del bilancio previsionale dell’Autorità di sistema portuale, documento approvato nei giorni scorsi dall’ente di via Antico Squero.
Secondo quanto segnala l’Autorità portuale, «l’effetto combinato di siccità e scarsità di acqua stanno comportando forti incertezze nell’efficienza logistica nord-europea, a causa del brusco calo nel livello dei fiumi e dei canali che compongono la rete fluviale centro-europea». Tutti questi fattori «riportano al centro il Mediterraneo, per il quale si prospetta una richiesta di import via mare di mais superiore ai 3 milioni di tonnellate, a causa degli effetti della crisi climatica sulle produzioni agricole mondiali aggravati dalle ripercussioni della guerra in Ucraina, rilanciando i porti nord adriatici e proponendoli proprio». In questa situazione, l’Adriatico potrebbe diventare una «piattaforma marittima di riferimento per Austria e sud della Germania, erodendo la quota della portualità del Nord Europa». La speranza dell’ente è che in questo contesto Ravenna si posizioni in modo vantaggioso soprattutto sui traffici in cui è leader: quello delle rinfuse solide, comparto che va dall’industria della ceramica ai fertilizzanti, passando per cerali, sfarinati e matariale ferroso. Sono prodotti che stanno subendo le difficoltà legate alla crisi sul mar Nero ma il porto nel 2021 sembra aver ben reagito e, osserva Ap, «continua ad essere un riferimento nazionale per l’importazione di prodotti agroalimentari» da quell’area geografica.
Le preoccupazioni però non mancano. La crisi e le fermate di produzione di questi mesi si fanno sentire e – avverte la relazione – potrebbero «diventare definitive» se non si agirà sui costi energetici. Il comparto più in crisi è quello ceramico, dove comunque si è riusciti a compensare il traffico di argille perso dall’Ucraina, ma ci sono anche altre industrie in difficoltà. Ap cita la Marcegaglia, che ha programmato due fermate (una a novembre e una dicembre): in questa azienda non pesa solo il costo dell’energia, ma anche «la mancanza di ordini. La grande carenza di semiconduttori sta bloccando il settore automobilistico e quindi, quel comparto, è sempre meno ricettivo dei coil di lamiera prodotti a Ravenna». In difficoltà l’industria dei fertilizzanti, altro materiale molto commercializzato nei terminal ravennati, che soffre «una doppia dipendenza dal gas, che alimenta il processo produttivo ma che è anche materia prima per la produzione, in quanto la principale categoria di fertilizzanti è quella degli azotati che sono anche quelli più colpiti dai rincari». La produzione è bloccata e, causa dazi, non riesce ad essere sostituita dall’import. I dazi sono un problema per il commercio e nei prossimi mesi ci saranno anche altri rincari. Sono quelli decisi da Suez: passare per il canale, sempre più centrale nello scacchiere economico, costerà dal 10% al 15% in più.