Frane e alluvioni: in Romagna 28mila persone vivono in aree a rischio

L’azzurro che sembra un mare della cartina abbraccia l’intera pianura. In effetti simboleggia l’acqua, ma non quella salata. Così come il marrone dell’area collinare non sta a delineare il profilo altimetrico del territorio. I due colori rappresentano il rischio di allagamenti e frane. E l’aspetto inquietante di quell’immagine riprodotta nell’ultimo Rapporto sul dissesto idrogeologico in Italia realizzato dall’Ispra è che nessuna area della Romagna è risparmiata dal doppio cromatismo. L’unico puntino bianco è San Marino, ma solo perché è un altro Stato.

La cartografia delinea la fragilità del territorio in una Romagna dove sono a rischio 28.258 persone, 12.631 nuclei familiari, 27.151 edifici, 1.821 attività economiche e 634 beni culturali. Una vulnerabilità legata a più fattori, tra cambiamenti climatici e contesti geomorfologici, che hanno cambiato, o meglio stravolto, il territorio. «Il dissesto idrogeologico costituisce un tema di particolare rilevanza per l’Italia a causa degli impatti su popolazione, centri abitati, beni culturali, infrastrutture lineari di comunicazione e sul tessuto economico e produttivo» evidenzia nel report Maria Siclari, direttrice generale dell’Ispra. Alla naturale propensione del territorio al fenomeno, «legata alle sue caratteristiche morfologiche, geologiche, idrologiche, meteo-climatiche e sismiche, si aggiunge la forte antropizzazione; allo stesso tempo l’abbandono delle aree rurali montane e collinari ha determinato un mancato presidio e manutenzione del territorio». Altro aspetto rilevato, è la collocazione dell’Italia che «si trova nel cosiddetto “hot spot mediterraneo”, un’area identificata come particolarmente vulnerabile ai cambiamenti climatici che stanno determinando un aumento della frequenza degli eventi pluviometrici intensi (con il picco di 609, 8 mm di pioggia caduta registrata dalla stazione meteoclimatica di Trebbio, nel Forlivese, ndr) e come conseguenza un aumento della frequenza delle frane superficiali, delle colate detritiche e delle alluvioni, incluse le flash flood, piene rapide e improvvise».

L’effetto delle anomalie termiche e pluviometriche registrate nell’ultimo triennio a causa del surriscaldamento sta amplificando il rischio, con impatti anche su territori in passato meno esposti come viene evidenziato nelle oltre 200 pagine che compongono il documento, il cui scopo è quello di mappare lo stato del territorio a supporto di interventi di mitigazione dei rischi e orientare scelte politiche e investimenti infrastrutturali in ottica di prevenzione.

Senza dimenticare anche l’importanza che indicatori e mappe assumono in materia di valutazione e gestione dei rischi finanziari collegati all’impatto economico degli eventi naturali estremi, ancor più nel dibattito sull’obbligo assicurativo per le imprese contro i pericoli derivanti dagli eventi catastrofali la cui applicazione per le medie imprese è fissata all’1 ottobre e per le micro e piccole imprese all’1 gennaio 2026.

I singoli fattori

La ricognizione dedica ampio spazio alle frane, oltre 80mila smottamenti censiti in seguito alla doppia alluvione del 2023 che ha ferito e in parte modificato la Romagna. Quasi un terzo del territorio in provincia di Forlì-Cesena (735 km quadrati su una superficie complessiva di 2.378 km quadrati) è classificata come zona ad elevata e molto elevata pericolosità per frane, così come un quarto del comprensorio riminese (217 km quadrati ) mentre la percentuale nel Ravennate è stimata nell’ordine del 6,5%.

Circa 30mila persone risiedono in zone ad elevato rischio di dissesto in Romagna (2.431 nel Ravennate, 17.361 a Forlì-Cesena e 8.466 nel Riminese) e 12.361 famiglie, due terzi delle quali vivono nel Forlivese e Cesenate, 3.823 nel Riminese, poco più di mille nel Ravennate.

Numerosi furono gli edifici danneggiati dall’alluvione del 2023. E secondo i dati dell’Ispra attualmente sono oltre 27mila gli immobili esistenti nelle zone classificate a rischio elevato e molto elevato. La maggior parte nel Forlivese e Cesenate, quasi il 10% del patrimonio immobiliare (18.772 costruzioni, pari al 9,7% del totale, 193.777); poco meno di 6mila nel Riminese e 2.404 nel Ravennate dove però vanno considerati altri 900 immobili in aree di attenzione.

C’è poi il capitolo delle attività produttive: sono ben 1.821 le unità locali di imprese situate in zone ritenute critiche per il pericolo di dissesto, 928 tra Forlivese e Cesenate, 769 nel Riminese, 124 nel Ravennate dove altre 40 sorgono in aree di attenzione. Le alluvioni che hanno colpito a più riprese la Romagna hanno danneggiato anche il patrimonio culturale. E sulla base della ricognizione dell’Ispra, sono 241 su 1.238, pari al 19,5%, i beni culturali a rischio delle zone del Riminese a più elevato pericolo di smottamenti, 309 edifici su 1.841 tra Forlivese e Cesenate e 84 nel Ravennate. Un problema non nuovo, che era emerso anche nel recente passato ad esempio a San Leo, con il borgo che dovette fare i conti con il crollo della rupe avvenuto il 27 febbraio 2014 (nei giorni scorsi si sono concluse le opere di consolidamento della parete sud)

Il rapporto inoltre prende in considerazione anche l’aspetto dell’erosione costiera che in misura variabile - a fronte anche di interventi di mitigazione degli effetti di mareggiate e subsidenza effettuati negli anni - ha riguardato oltre 4 chilometri sui 9 complessivi di litorale della provincia di Forlì-Cesena, 14,2 km sui 47 km di costa ravennate e 10,1 km sui 35 del Riminese.

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