Faenza, pensavano si fosse inventato la rapina per paura che la moglie lo sgridasse perché ubriaco. Assolto dall’accusa di simulazione di reato

Era stato soccorso in strada, barcollante, con la testa ricoperta di sangue. «Mi hanno rapinato in negozio». Così aveva detto all’automobilista che l’aveva soccorso, affidandolo poi alle forze dell’ordine. Alla fine, da vittima si era ritrovato imputato. Accusato di essersi inventato tutto per paura della moglie, pur di evitare che si arrabbiasse con lui perché si era ubriaco all’ora di pranzo, ferendosi pure accidentalmente. Non è noto se alla fine l’imprenditore si sia riconciliato con la consorte. Quel che è chiaro è che il processo per simulazione di reato si è concluso con la sua assoluzione. Sentenza, quella pronunciata dal giudice Tommaso Paone, che non solo stabilisce che “il fatto non sussiste”, ma di riflesso dà per assodato che il povero imprenditore sia stato effettivamente vittima di una rapina, i cui autori non sono mai stati identificati.
Rapinato da ubriaco
I fatti risalgono al pomeriggio del 14 novembre 2019. Il commerciante, 60enne, titolare di un’attività del centro manfredo, venne soccorso proprio lungo corso Matteotti. Stava attraversando la strada quando un automobilista lo vide, prestandogli i primi soccorsi. Intervenuta una prima pattuglia delle forze dell’ordine, raccontò una prima versione dei fatti, per poi fare lo stesso anche una volta giunto al pronto soccorso. Infine fu nuovamente sentito in sede di denuncia dagli inquirenti, interessati ad acquisire più dettagli possibili per identificare i presunti rapinatori. Tre versioni, divergenti tuttavia l’una dall’altra. E proprio quest’aspetto gli si è ritorto contro. Perché una volta appurato che il 60enne era ubriaco, hanno preso piede i sospetti che si fosse inventato tutto per giustificarsi con chi lo stava aspettando a casa. Così si è ritrovato indagato per simulazione di reato.
Il processo
Nei suoi confronti il processo si è concluso nei giorni scorsi davanti al giudice Tommaso Paone. Per l’accusa, gli elementi raccolti erano sufficienti a chiedere la condanna a un anno e mezzo di reclusione. Richiesta contro la quale l’avvocato Nicola Montefiori, legale dell’imputato, ha articolato la propria arringa. Fra tutte le testimonianze, quella del medico che aveva prestato le cure al pronto soccorso, e quella dell’automobilista. Secondo la difesa, mancavano nelle indagini alcuni riscontri, per esempio sulle tracce di sangue trovate in negozio. Quanto alle versioni discordanti rilasciate dall’assistito, le ha giustificate alla luce del trauma cranico subito (che aveva comportato 4 punti di sutura) e lo stesso stato di ebbrezza, dovuto alle bevande assunte in pausa pranzo. Elementi che hanno portato all’assoluzione in tribunale. Quanto alla “sentenza” sulla sbornia pomeridiana, quello resta un affare domestico che si spera già passato in giudicato.