Emilia-Romagna, ogni anno salvate 200 tartarughe marine

Ravenna
  • 30 luglio 2025

RAVENNA. I tre Centri di recupero dell’Emilia-Romagna, ogni anno recuperano circa 200 tartarughe “Caretta caretta” ferite o debilitate, magari perché si sono scontrate con le barche, hanno ingoiato plastica o ami, oppure sono rimaste intrappolate nelle reti da pesca. E i salvataggi avvengono anche grazie alla collaborazione con pescatori, Capitanerie di Porto e cittadini. Oltre il 90% delle tartarughe sopravvivono grazie alle cure e una parte vengono tracciate con dispositivi Gps per raccogliere informazioni utili per la loro conservazione. Per questo la Regione ha stanziato quest’anno 40.000 euro a sostegno dei Centri attraverso l’Ente Parco del Delta del Po che nei prossimi giorni formalizzerà nuove convenzioni per contribuire alle spese di cura e mantenimento delle tartarughe. Quest’anno, tra l’altro, i Centri di recupero sono impegnati anche nella tutela di due nidi di tartarughe (600 in tutta Italia) a Riccione e a Punta Marina cercando di impedire che le uova vengano danneggiate, anche inavvertitamente, e consentire una regolare schiusa. Oggi l’assessora regionale alla Biodiversità, Gessica Allegni, ha visitato alcuni dei Centri lungo la costa dell’Emilia-Romagna per approfondire il loro lavoro quotidiano e le attività di cura e reintroduzione in mare. “Questi Centri sono veri e propri presìdi di biodiversità. La Regione sostiene con convinzione il loro impegno, un lavoro prezioso che unisce cura degli animali, ricerca scientifica, volontariato e sensibilizzazione ambientale”, commenta Allegni.

Investire nella tutela delle tartarughe marine “significa proteggere un simbolo del nostro mare e promuovere una cultura ecologica che guarda al futuro. Mi auguro che tra qualche settimana si possa assistere alla nascita di nuove tartarughine, nel pieno rispetto di questa specie, per rendere sempre più ricco il nostro mare”. I Centri si occupano anche di sensibilizzare i cittadini con attività di educazione ambientale rivolta a studenti, volontari e visitatori, coinvolgendo ogni anno migliaia di persone. C’è poi il ruolo della ricerca scientifica.

L’Istituto Zooprofilattico Sperimentale di Ferrara si occupa infatti di studiare le cause dei decessi degli esemplari trovati già morti (circa un centinaio all’anno sulla costa emiliano-romagnola), per individuare possibili azioni di mitigazione dell’impatto umano sull’ambiente marino.

Alla visita di oggi hanno partecipato anche Massimiliano Costa, direttore dell’Ente Parco Delta del Po; il capitano di Fregata Antonio Blanco, della Direzione marittima di Ravenna della Guardia Costiera; il luogotenente Massimo Russi, titolare dell’ufficio locale marittimo di Riccione; il tenente colonnello dei Carabinieri Francesco De Santis; l’assessora con deleghe alle Aree naturali, Parco del Delta del Po del Comune di Ravenna, Barbara Monti; la sindaca di Riccione Daniela Angelini; Silvia Rubini e Martina Munari, dell’Istituto Zooprofilattico; insieme ai referenti dei re Centri di recupero operanti sul territorio: Sauro Pari (Fondazione Cetacea); Simone D’Acunto (Cestha- Centro Sperimentale per la Tutela degli Habitat) e Andrea Ferrari, dell’Associazione Turtles of Adriatic Organization (Tao).

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