Domanda ambigua al concorso, aspirante docente di Ravenna fa ricorso al Tar

Il fair play gli è costato il posto. Ma ora i giudici potrebbero rimettere in discussione tutto. Non si parla di uno sportivo e di una dubbia decisione di campo ma di un aspirante insegnante di educazione fisica che si è trovato di fronte una domanda dubbia ad un concorso e ha deciso di fare ricorso al Tar. Ora il tribunale amministrativo ha deciso di affidare all’Università un incarico per decidere se la risposta indicata dal ministero al quesito era giusta o se la domanda si prestava ad ambiguità. A depositare il ricorso un ravennate che per soli due punti non ha superato la prova scritta del concorso che si è tenuto il 15 dicembre scorso. Visionata la propria prova, però, l’aspirante docente si è reso conto di quello che considera un errore di valutazione del ministero. Si parlava degli obiettivi di apprendimento dell’educazione fisica nella sezione “Il gioco, lo sport, le regole il fair play”. Senza entrare troppo nei tecnicismi, l’aspirante insegnante ha selezionato una risposta che il ministero ritiene errata. Ma, si fa notare nel ricorso, la formulazione della domanda poteva dar luogo ad equivoci e portare chi ha concorso a dare due risposte da ritenere entrambe giuste.

Solo in 130 hanno passato quel concorso, un numero inferiore ai posti necessari per coprire i ruoli di educazione fisica in Emilia-Romagna. Le prove orali sono in corso e il ravennate chiede che gli siano riconosciuti quei due punti della domanda per accedervi e poter partecipare. Il Tar del Lazio ha deciso di affidarsi all’Università di Roma per capire se abbia ragione il ricorrente. Il rettore dovrà trovare un “verificatore” che avrà 45 giorni per capire se «rispetto al quesito contestato effettivamente vi siano posizioni nella letteratura scientifica in materia, tuttora riconosciute come valide ed attestate, in base alle quali la risposta fornita dalla ricorrente sia da ritenersi corretta o se invece la stessa si presti ad essere un mero “distrattore” rispetto all’unica risposta da considerarsi corretta secondo la tesi prospettata dell’amministrazione ovvero ancora la domanda e tutte le risposte indicate siano da ritenersi errate o scorrette».

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