De Pascale: “Il 2023 segnato dall’alluvione ma il governo ha già dimenticato la Romagna”

Ravenna
  • 31 dicembre 2023

RAVENNA -«Il 2023 è un anno che ha cambiato la storia della Romagna. Il tema della gestione delle acque è tornato ad essere preponderante». Non può che partire dall’alluvione di maggio il sindaco di Ravenna Michele De Pascale per analizzare l’anno in corso e provare ad immaginare il futuro. Non solo il 2024 ma anche quello dei prossimi anni per il territorio.

Sindaco De Pascale, quando in estate è stato nominato Figliuolo come commissario, si immaginava di arrivare a fine anno con una situazione ancora così poco definita sugli indennizzi?

«Ho avuto il presentimento di essere in una sorta di secondo film dell’orrore burocratico prima della nomina di Figliuolo, ovvero alla riunione in cui il ministro Nello Musumeci se ne uscì con la frase “il governo non è un bancomat”. E’ stato uno spartiacque in cui ho capito che si voleva fare della speculazione politica sull’alluvione, alzando il livello dello scontro».

Oggi a che punto siamo con le procedure?

«C’è tantissima burocrazia, come hanno fatto notare anche i comitati degli alluvionati. E c’è un evidente disinteresse di Giorgia Meloni e del governo sull’alluvione: dopo le prime passerelle non è stato mai più nominata».

Lei aveva chiesto che Figliuolo e la struttura commissariale avessero base a Ravenna. Ci sono mai stati elementi concreti in questo senso?

«No, la proposta non è mai stata presa in considerazione. Ma è logico dal momento che la struttura si occupa anche di altro. Di fatto è il Covi (il Comando operativo di vertice interforze di cui Figliuolo è a capo ndr.) con il ruolo di struttura commissariale. Una scelta che abbiamo contestato da subito. Almeno è composto da persone valide».

Lei pensa che con Bonaccini commissario, come caldeggiavate voi, le cose sarebbero andate meglio?

«Penso di sì e lo dico anche ammettendo che pure con la Regione ci sono stati momenti di confronto anche aspro. Ma le cose funzionerebbero anche con questa struttura se ci fosse un governo a cui interessa la questione. Non è solo questione di soldi, anche se non sono ancora arrivati, sono stati stanziati: si parla di 1,3 miliardi per gli indennizzi e 2,4 miliardi per le opere pubbliche. Non sono ancora sufficienti ma non sono briciole. Però ad esempio i mobili non sono compresi negli indennizzi ed è evidente che in un’alluvione, a differenza di quanto accade in un terremoto, i danni all’arredamento sono una parte fondamentale. Ora è stato fatto un ordine del giorno da parte di FdI, in Parlamento, per inserirli. Perché non fanno direttamente una norma anziché un ordine del giorno? E’ da questi particolari che capisco che non c’è interesse per il territorio».

Nel 2024 si vota. Pensa che l’alluvione peserà sul consenso dei sindaci?

«No. Credo che inizialmente il centrodestra pensasse di poter in qualche modo aver un vantaggio politico da questa vicenda. Poi, capendo che non aveva in realtà nulla da guadagnarci, abbia alzato il livello della polemica. Così abbiamo dato vita ad uno scontro istituzionale, mi ci metto anche io, che non porterà alcun beneficio in termini elettorali e che ha lasciato in eredità solo sfiducia nelle istituzioni».

Sull’ipotesi di un secondo rigassificatore al largo il Comune si è irrigidito a causa di questo scontro col governo?

«In realtà la nostra posizione in merito è sempre stata molto chiara. Abbiamo sempre detto che eravamo disposti a parlarne, dato che non ci piacciono i “no” a priori, se l’ipotesi era giustificata da necessità infrastrutturali, ma la partita del secondo rigassificatore è nata per risolvere i problemi politici del centrodestra a livello locale, prima a Piombino e poi in Liguria. In quel caso non siamo disponibili. Ravenna comunque ha già fatto molto su questo tema, quindi credo che qualora ci fosse la necessità prima sarebbero valutate altre ipotesi».

Lei si sente di dire che nel 2024 sarà completato il nuovo palazzetto dello Sport?

«Quello è un cantiere che ha avuto molte difficoltà ma se le cose procedono come ora direi di sì. E’ una struttura di cui la città ha bisogno, che guarda ai prossimi 30 anni, e che ci permetterà di cogliere opportunità non solo sul fronte sportivo ma anche su quello delle fiere».

Un altro progetto importante del suo mandato è quello del Parco Marittimo. Si aspettava tante critiche?

«Purtroppo quando si tolgono delle abitudini consolidate come quella di parcheggiare dietro ai bagni è facile che ci si divida. Credo però che in futuro quando racconteremo ai nostri figli che si poteva parcheggiare in quella zona si stupiranno, come facciamo noi se vediamo le foto con le auto in piazza del Popolo. Il punto è che quel progetto è pensato per avere una fruizione turistica che vada oltre quella odierna».

Ma basterà in assenza di alberghi?

«Questo è il tema dolente. Da consigliere a Cervia ho vissuto la stagione degli investimenti alberghieri, oggi non solo a Ravenna ma in tutta la riviera non c’è nulla di tutto ciò. Fortunatamente funziona il turismo all’aria aperta, quello dei campeggi. E’ importante fare in modo che questi turisti tornino, anche perché una parte di essi - penso ad esempio a quella che sceglie di alloggiare in case mobile - può essere appetibile per gli albergatori. Diverso è il discorso della città d’arte che negli ultimi dieci anni è cresciuta molto. Per questo un grande hotel in centro oggi serve ancora, per cui insistiamo con Cassa Depositi e Prestiti per realizzare quello all’ex Caserma nella parte di terreno che ha acquisito».

Uno dei nodi nel 2023 è quello del trasporto pubblico. Sono tante le corse saltate per mancanze di personale. Com’è il rapporto tra Comune e Start?

«La mancanza di personale è di certo un problema generalizzato che non riguarda solo Start. Tuttavia oggi tra i servizi pubblici locali su cui si è proceduto ad un’unione per area vasta romagnola è proprio nel trasporto pubblico che serve il cambio di passo maggiore».

Conferma di non essere disponibile al terzo mandato? Cosa farà nel 2027?

«Sì, è una scelta politica prima che personale: due mandati, quindi dieci anni, per un sindaco sono sufficienti visto anche il potere che ha. Detto questo: avrò 42 anni e sarò a disposizione, vedremo».

Bonaccini però si è detto disponibile al terzo mandato...

«Il mestiere del presidente della Regione è diverso da quello dei sindaci anche se spesso viene accostato. La Regione legifera, si interfaccia col governo, con l’Europa... Sono due ruoli differenti, un sindaco dopo dieci anni è meglio che lasci anche per permettere di crescere al gruppo dirigente locale»..

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