De Pascale: “Casse di espansione, ecco dove gli espropri saranno necessari”

Quattro grandi opere, da fare tutte nel Faentino, ma decisive anche per i territori di Ravenna, Bagnacavallo e Lugo. Tre sono casse di espansione, una sarà un’area di tracimazione controllata e verrà realizzata tra Faenza e Reda.

«Il piano è chiaro e indietro non si torna». A illustrarlo è lo stesso presidente della Regione Emilia Romagna, Michele de Pascale. E anche il giorno non è casuale; non solo perché si ricorda il secondo anniversario della tragica alluvione del 2023, ma anche perché proprio ieri negli uffici bolognesi di viale Aldo Moro, de Pascale ha ricevuto le 20mila firme raccolte del Comitato Borgo Alluvionato di Faenza. Firme che invocano lavori urgenti e definitivi, che il Comitato gli porta simbolicamente su una carriola coperta di fango incrostato.

«Chi oggi si è presentato qui ci chiede principalmente una cosa: fare casse di espansione. E dopo 8 mesi di lavoro, ora che abbiamo finalmente un decreto che ci permette di farle, dobbiamo passare alla fase più importante, quella operativa».

Quante ne farete?

«Abbiamo identificato quattro grandi progetti che riteniamo necessari».

Dove le farete?

«Due saranno realizzate a monte di Faenza: una sul Lamone e occuperà circa 80 ettari, l’altra sul Marzeno e occuperà invece indicativamente 30 ettari. La terza sarà invece collocata in uno dei punti più critici, ovvero alla confluenza tra Lamone e Marzeno. In quel caso faremo due grandi interventi da almeno 50 ettari, uno verterà principalmente sul Lamone e l’altro su entrambi. Contemporaneamente prenderemo in carico l’argine di protezione dell’Orto Bertoni che è sempre finito sott’acqua come i faentini ricordano bene».

Manca il quarto intervento?

«Il quarto sarà fatto tra Reda e Faenza, e non sarà una cassa di colmata ma un’area di tracimazione controllata a protezione della campagna faentina e ovviamente non solo di quella».

Cos’è un’area di tracimazione controllata?

«E’ una zona dove vengono fatti argini lievemente più bassi in alcuni punti, in modo da far defluire in maniera appunto controllata l’acqua in caso di piena. Questo poi permetterà di portarla via con i sistemi di bonifica dalla zona in cui si è scelto di “inviarla”. In questo caso non prevediamo espropri per gli agricoltori, ma indennizzi. E’ una via già percorsa da altre Regioni come Veneto e Toscana».

Sulle tempistiche, nella migliore delle ipotesi, cosa si sente di dire?

«I fondi sono già stanziati. Il Governo ce li darebbe nel 2027, ma noi li anticiperemo nel 2026 che è quando mi auguro possano partire i cantieri. Va detto che ora Curcio ha i poteri per velocizzare tutto e con lui l’intesa c’è già»

Giovedì in conferenza stampa lei ha detto: “Prevedo polemiche e proteste”, immagino si riferisca ai ricorsi di chi si vedrà espropriato?

«So benissimo che ci saranno reazioni. Tutti vogliono le casse di espansione, ma preferibilmente nei terreni del vicino. Ci sono poi quelli che una volta presentati i piani nel dettaglio ci diranno che era meglio farli diversamente. Siamo pronti a ogni tipo di confronto, ma è chiaro che questo territorio non può più aspettare. E quando parlo di territorio parlo non solo del Faentino. Le opere che vogliamo fare, soprattutto quelle sul Lamone, sono fondamentali fino al Ravennate. E’ ovvio che vanno fatte a monte per aumentarne l’efficacia, ma se pensiamo alle ultime piogge di marzo, vediamo come il picco del rischio non era nel Faentino, ma nella zona di Bagnacavallo».

Quante case pensate che sarà necessario espropriare?

«Dipende dalla grandezza complessiva delle casse di espansione, ma si potrebbe passare dalle poche unità alle poche decine»

Chi ha scelto dove fare le casse di espansione?

«Il piano è stato redatto dai tecnici di Regione, Consorzio di Bonifica e Autorità di Bacino del fiume Po. Da metà giugno presenteremo il piano nel dettaglio con diversi incontri sul territorio. Sappiamo che sono opere impattanti, ascolteremo tutti, ma andremo avanti. Non possiamo più aspettare»

Domanda tecnica: simulando un’alluvione simile a quella del 2023 con queste quattro opere già terminate, quale sarebbe l’impatto prevedibile sul territorio?

«La dico così: dire che con queste opere tutto sarebbe perfetto sarebbe prendere in giro la gente. Ma se abbiniamo a quelle opere, di per sé già fondamentali, il rafforzamento arginale già in atto, allora possiamo arrivare a dire che la sicurezza idraulica di quel bacino cambierà radicalmente».

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