Condanne per corruzione all'Ispettorato del lavoro di Ravenna

Ravenna

Da quando, quattro anni fa, furono travolti dallo scandalo “bustarelle”, hanno atteso la sentenza sospesi dal servizio e a stipendio ridotto. In pratica, erano comunque pagati come ispettori del lavoro, pur non lavorando. Quel che facevano prima invece (a piena busta paga), era fare finta di controllare affinché gli imprenditori dei più noti locali della provincia avessero tutte le carte in regola, per poi in realtà chiedere soldi o favori in cambio di soffiate sugli accertamenti. Da ieri pomeriggio G. F., 62enne responsabile fino al 2015 dell’ufficio Ispezioni della Dtl di Ravenna, e M. S., 47enne suo sottoposto, continueranno probabilmente a vivere in questo soffice status quo, anche dopo la sentenza in abbreviato che ieri li ha condannati rispettivamente a 5 e 4 anni di reclusione, con interdizione dai pubblici uffici per cinque anni. D’altronde restano ancora due gradi di giudizio. Ma la condanna pronunciata ieri dal giudice per l’udienza preliminare Janos Barlotti segna comunque una svolta da quando l’inchiesta “Black Job” portò al loro arresto.
Nei confronti dei due funzionari (tutelati dagli avvocati Marco Martines ed Ermanno Cicognani) il sostituto procuratore Angela Scorza aveva chiesto 6 anni, facendo seguire a cascata le richieste per altri dieci imprenditori, che secondo l’accusa scendevano a patti.
A incassare la condanna sono stati tutti coloro che furono avvertiti di un’ispezione, a prescindere dall’esito, sanzione o meno.
L’inchiesta che ha scoperchiato il caso era partita da una lettera. Le indagini erano scattate alla luce di una missiva recapitata nel 2015 a Roma, firmata a nome di un gruppo di “lavoratori e imprenditori di Milano Marittima”. Nero su bianco, i due funzionari venivano accusati di essere autori di numerosi illeciti.
I particolari sul Corriere Romagna oggi in edicola.

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