Cannavacciuolo show in tribunale a Ravenna: “Il mio nome usato senza permesso”

Ravenna

Dopo la multa da 300 euro per non essersi presentato in tribunale, Antonino Cannavacciuolo ha varcato ieri la soglia del palazzo di giustizia. «Mai vista l’aula così piena», ironizza il giudice Roberta Bailetti.

Abbandonato il camice da chef, il vip dei talent show culinari ha indossato i panni della parte offesa nel processo a carico di tre ristoratori, un 63enne bresciano difeso dall’avvocato Marco Agosti e due cubani di 33 e 51 anni assistiti dal legale Massimo Pleiadi. Tutto alla luce di una denuncia da lui sporta nel settembre del 2018, quando apprese che il suo nome, marchio peraltro registrato, era stato usato senza permesso per lanciare l’apertura di uno storico locale di Marina di Ravenna, il Ristorante pizzeria Saporetti.

«La faccia era la mia»

«Ho quasi sei milioni di persone che mi seguono, mi mandarono un po’ di foto - esordisce lo chef -. C’era un tizio che si faceva pubblicità con il mio nome. Dissi alla segretaria di chiamare e verificò. C’erano volantini e un furgone con la mia immagine. Così chiamai la produzione di Cucine da Incubo».

Ecco. L’accusa di contraffazione o uso di opere dell’ingegno o di prodotti industriali, nasce proprio dal noto programma tv approdato all’epoca a Mantova al ristorante “Primi in padella”. Ebbene, Cannavacciuolo fece il restyling del menù. Ma che c’entra Marina di Ravenna? Sta di fatto che dalla città lombarda, il menù è stato esportato in Riviera. A spiegare come ci ha pensato già nel corso delle indagini la 33enne imputata: nel 2016 faceva la cameriera nel ristorante mantovano passato per le mani dello chef stellato. E facendo tesoro dell’esperienza aveva “traslocato” al mare portando con sé anche il menù. Da qui l’idea con i soci di promuovere la riapertura facendo leva sul nome (e sull’immagine) del vip.

«Visto che alla fine la faccia era la mia, andai io dai carabinieri a fare denuncia», continua il teste, che puntualizza: «Con la ragazza feci Cucine da incubo, ma non poteva usare la mia immagine se non in quel contesto». Il menù del ristorante ravennate, aggiunge, «non l’ho mai visto».

Al suo posto, invece, decise di andare a fondo una fan. Che attirata dalla star dei fornelli chiamò il ristorante per avere certezze, ottenendo garanzie sulla paternità delle portate. Inevitabile il passaparola, giunto fino a Orta San Giuliano, in provincia di Novara, a casa del cuoco.

L’uscita di scena

Cannavacciuolo ha deciso di non costituirsi parte civile. Ma con la denuncia ancora pendente il processo andrà avanti, al netto di un possibile risarcimento per incentivare il ritiro della querela. Fino a ieri, però, l’unico a dover aprire il portafogli è stato lo stesso cuoco, per via di quell’udienza driblata con un legittimo impedimento non accolto dal giudice. Multa tuttavia revocata ieri dal giudice al termine della deposizione. Dieci minuti appena, prima di rialzarsi dal banco dei testimoni e prendere l’uscita, facendo svuotare nuovamente l’aula.

Newsletter

Iscriviti e ricevi le notizie del giorno prima di chiunque altro Clicca qui