Battaglia tra consulenti sulla Berkan B prima della sentenza per Ap

Ravenna

Il processo per l’inquinamento ambientale provocato nella pialassa Piomboni dal relitto della Berkan B, che vede imputati il presidente di Autorità Portuale, Daniele Rossi, e il segretario generale Paolo Ferrandino, si discuterà con rito abbreviato; formula che in caso di condanna consente lo “sconto” di un terzo della pena. Ma prima della sentenza, il giudice per l’udienza preliminare Corrado Schiaretti attende un confronto tra i consulenti: quelli nominati dal sostituto procuratore Angela Scorza, titolare del fascicolo aperto per fare luce sulle responsabilità penali legate alla permanenza del generl cargo semi-affondato nel bacino del canale Piombone, e i quattro esperti incaricati dagli imputati, assistiti dagli avvocati Luca Sirotti e Alessandro Cavallari. Non mancheranno le cinque associazioni ambientaliste - Legambiente, Anpana protezione animali, Oipa Italia, Nogez guardie zoofile e Italia Nostra (rappresentate dagli avvocati Renato Conte, Anna Viso, Paolo Colliva e Cristina Guazzi) - che si sono costituite parte civile per chiedere conto ai vertici dell’Ente di via Antico Squero dei danni provocati all’habitat naturale e alle specie presenti nella vicina oasi protetta.

Due anni fa lo scandalo in Ap

L’inchiesta sul relitto ha portato nel 2019 alla sospensione di tre manager di Ap, poi revocata dal Tribunale della Libertà, che pur considerando non più necessaria la misura interdittiva, ha ritenuto comunque evidente il «compendio di sicura gravità indiziaria». Non per tutti gli indagati però. Secondo l’accusa, Rossi e Ferrandino, avrebbero rinnovato licenze e concessioni demaniali per la demolizione della motonave, nonostante la mancanza di un piano e di una certificazione sull’avvenuta bonifica del relitto. Avrebbero quindi partecipato al rimpallo di competenze, ignorando per circa un anno i solleciti da parte della Capitaneria di porto per sistemare il “problema” e sfatare il progressivo affondamento. Intanto la nave, già sequestrata nel 2010, subiva surreali tentativi di bonifica (da parte anche di un ex cuoco sorpreso a smantellare l’imbarcazione con un impermeabile bruciato e scarpe da lavoro). L’unica posizione archiviata è quella dell’ingegnere Fabio Maletti, all’epoca responsabile del procedimento per la demolizione.

Uccelli morti

Dalle plurime consulenze tecniche disposte dalla Procura nel corso delle indagini, gli sversamenti oleosi della nave hanno compromesso un’area di 2.700 metri quadri, con acque profonde in media una decina di metri. Le panne galleggianti posizionate a più riprese avrebbero circoscritto la fuoriuscita di liquami. Eppure, per comprendere la gravità di quanto accaduto nella pialassa, basta citare qualche stima sugli uccelli morti: tra 43 e 87 esemplari - su un numero di volatili quantificato al ribasso in circa 620 unità - non sarebbero sopravvissuti al disastro.

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