A fuoco l’auto di un agente della Polizia locale a Bagnacavallo, i colleghi lo “scortano” al lavoro e raccolgono fondi per ricomprarla

Ravenna

Se le origini dell’incendio sono ancora un mistero, la solidarietà di amici e colleghi è un dato di fatto. Una certezza sulla quale da subito ha potuto contare il giovane agente della Polizia locale della Bassa Romagna in servizio a Bagnacavallo che due settimane fa si è ritrovato l’auto avvolta dalle fiamme: in piena notte, alle porte della campagna bagnacavallese, dove l’uomo aveva lasciato parcheggiata la vettura.

A nulla è valso il rapido intervento dei vigili del fuoco che, accorsi sul posto, non hanno potuto far altro che domare il rogo. Sono stati loro ad avanzare qualche dubbio sulle reali origini di quelle fiamme, divampate nell’oscurità e lontano da sguardi indiscreti. Distanti, purtroppo, anche da qualsiasi impianto di videosorveglianza. La causa accidentale sembrava essere quella più accreditata, anche perché l’auto era ibrida e quindi la batteria è stata subito la prima incriminata. Ma in realtà agli occhi dei pompieri qualcosa deve essere sembrato strano, sia per i tempi che per le circostanze. Sta di fatto che ora su quell’incendio indagano i carabinieri e che si possa trattare di incendio doloso sembra essere un’ipotesi percorribile, per non dire certa. Se così fosse, si tratterebbe probabilmente di una vendetta o di un’intimidazione, comunque qualcosa di grave ai danni di un appartenente alle forze dell’ordine.

Del vigile infatti tutti riconoscono la fermezza con cui ha sempre svolto il suo incarico, ligio al dovere e sempre presente. Una fermezza che forse qualche “malintenzionato” non ha apprezzato. Gli amici e i colleghi hanno subito aiutato la vittima, organizzando anche una campagna di crowdfunding con l’obiettivo di raccogliere alcune migliaia di euro, quelle necessarie all’acquisto di un altro mezzo con cui recarsi al lavoro. Problematica, quest’ultima, a cui gli stessi amici e colleghi sembrano aver provveduto. L’agente infatti è tornato subito in servizio.

«Fare il proprio dovere espone a rischi che diventano più piccoli solo se si riesce a fare gruppo - recita il testo introduttivo col quale viene sintetizzato l’accaduto e la finalità della raccolta fondi -. Cerchiamo di dare una mano, anche solo simbolica, ad un collega a cui hanno incendiato l’auto, non rimborsabile da alcuna assicurazione, per far capire che, colpito uno, siamo colpiti tutti».

Sembrano dunque non avere già dubbi i suoi contatti più stretti, così come ufficiosamente pare non averne chi conosce qualche dettaglio in più. Bocche cucite sul resto.

Tuttavia, le indagini dei militari dell’Arma sono ancora in corso e quindi per ora quella dell’incendio doloso rimane solo un’ipotesi da vagliare di cui, una volta accertata, dovrà essere chiarito anche il movente o l’obiettivo.

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