Ravenna, voleva l'esenzione per malattia, il medico la vaccinò per finta

Archivio

Affetta da una particolare malattia cronica, si era informata dal medico di base per ottenere l’esenzione dal vaccino anti-Covid, rinnovando quella già in suo possesso ma ormai in scadenza. Se n’era tornata a casa dall’ambulatorio del dottor Mauro Passarini con un certificato di avvenuta vaccinazione, pur senza avere ricevuto alcuna iniezione. Quando le è stato notificato il decreto di sequestro del green pass sull’onda dell’inchiesta sui finti vaccini che lo scorso ottobre ha travolto il medico 64enne di Marina di Ravenna, la paziente stava tentando di completare il ciclo vaccinale, tra seconda dose e booster.

Tutto bloccato, compresa la speranza di ottenere il passaporto verde rafforzato limitandosi a due punture su tre. La donna, una signora di origine toscana, ha quindi deciso di ricorrere al Tar, scegliendo stranamente una strada diversa da quella intrapresa da chi - fra i 191 pazienti destinatari del provvedimento -, ha chiesto invano il dissequestro rivolgendosi al Riesame. Un ricorso - il primo nel suo genere per questa vicenda - tuttavia dichiarato inammissibile dal Tribunale amministrativo regionale. La recente sentenza si è limitata a evidenziare un «difetto di giurisdizione», rimarcando che «il rilascio o la revoca» del green pass «derivano direttamente da quanto disposto dalle norme, senza che residui in capo all’Amministrazione alcun margine di discrezionalità, neppure tecnica». Il sequestro d’altra parte è penale, e poggia sul fascicolo aperto dal sostituto procuratore Angela Scorza, nel quale il medico di base è indagato (insieme ad altre 5 persone) per corruzione, falso e peculato.

Viaggi tra Ravenna e Toscana

Dalla sentenza emerge la ricostruzione dei fatti, così come presentata dai legali della donna. Passarini le avrebbe fatto notare che la malattia di cui soffriva non poteva garantirle l’esenzione. Così il sanitario avrebbe «fatto erroneamente attestare l’occorsa vaccinazione della ricorrente con prima dose». Successivamente, la signora sarebbe tornata in Toscana, sottoponendosi al vaccino (questa volta reale) in un hub fra quelli presenti nella propria provincia d’origine. Fin qui tutto bene. Ma al momento di sottoporsi al richiamo, l’indagine era ormai in piena. E infatti, lì per lì i sanitari non le hanno inoculato il siero - continuano gli avvocati - «in ragione di un non meglio precisato “blocco a sistema”». Pochi giorni più tardi anche gli investigatori della Squadra Mobile si sono presentati con il provvedimento di sequestro.

La decisione del Tar

Il ricorso al Tar è stato presentato il mese scorso, lamentando una «mancanza di motivazione e di contraddittorio», nonché una «sproporzione e irragionevolezza del provvedimento di revoca della “certificazione verde Covid-19” adottato dal Ministero della Salute». Nel dichiarare l’inammissibilità dell’istanza depositata dalla paziente, il Tar spiega che «il green pass è una mera certificazione attestante il possesso dei requisiti individuati nella legge» e che dunque «viene rilasciata automaticamente al momento dell’acquisizione dei suddetti requisiti». Pertanto, concludono, «non appare sussistere un’attività autoritativa dell’Amministrazione».

Newsletter

Iscriviti e ricevi le notizie del giorno prima di chiunque altro Clicca qui