Ravenna, visita medica salva il permesso di soggiorno a un migrante

RAVENNA - Gli era stato negato il permesso di soggiorno temporaneo perché non aveva dato prova della sua presenza sul territorio prima dell’8 marzo del 2020, data spartiacque per il cosiddetto “decreto emersione”. Una visita medica al pronto soccorso, però, è stata ritenuta sufficiente dal Tar per accogliere la sua domanda. Il decreto prevede la possibilità, da parte di un datore di lavoro, di chiedere il permesso di soggiorno della durata di sei mesi per un cittadino extracomunitario già presente sul territorio nazionale alla data spartiacque. Per sfruttare l’opportunità, però, si doveva dimostrare la presenza del migrante sul territorio nazionale nel periodo antecedente. Due le prove accettate: la rilevazione di impronte digitali prima di quella data oppure documenti provenienti da organismi pubblici, sempre antecedenti l’8 marzo. Proprio questa strada aveva scelto il datore di lavoro del migrante: era stato presentato un certificato diagnostico rilasciato dal pronto soccorso dell’ospedale di Pescara datato 17 luglio 2018 riguardante un esame effettuato dal lavoratore, recante timbro e firma. Mancava però un particolare che gli uffici della refettura avevano ritenuto fondamentale: il codice fiscale del medico che lo aveva visitato. Così il permesso di soggiorno temporaneo era stato negato al lavoratore. L’imprenditore si è però rivolto al Tar presentando la medesima documentazione e il tribunale bolognese ha dato ragione a lui.

Si legge nella sentenza, firmata dal presidente Andrea Migliozzi e datata 27 ottobre: «La norma richiede che la presenza nel territorio italiano sia attestata da documentazione proveniente da organismi pubblici o da privati esercenti funzioni o servizi pubblici». Un parere medico rientra quindi nella casistica. Aggiunge infatti il Tar, riferendosi al caso specifico: «Ne consegue che l’attestazione da parte dell’autorità sanitaria di visita presso un presidio medico costituisce piena prova della presenza in Italia anche al fine della procedura di emersione per cui è causa, risultando l’eccepita mancata indicazione del codice fiscale del medico specialista del Pronto Soccorso a motivazione dell’impugnato diniego del tutto pretestuosa». Giusto, quindi, concedere all’immigrato il permesso di soggiorno temporaneo. La prefettura si era costituita in giudizio ma senza presentare memorie difensive. Il Tar ha anche condannato l’ente statale a pagare le spese giudiziarie, pari a duemila euro.

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