Ravenna, uccide un gattino colpendolo con un martello e un calcio

RAVENNA. Prima lo aveva colpito sul dorso con un martello poi, passato qualche mese, gli aveva tirato un calcio facendolo volare via e uccidendolo definitivamente. È una storia di violenza raccapricciante nei confronti di un gattino indifeso quella che ieri mattina si è chiusa in tribunale, dove un 63enne ravennate è stato condannato a quattro mesi di reclusione - con pena sospesa - per aver ucciso l’animale.
Botta tremenda al dorso
Questa triste storia ha inizio il 16 aprile del 2016. Quel giorno “Peter” - nome del gattino di razza “europeo” - stava girovagando nella piccola area verde del condominio nel quale abitava allora la sua padrona. A un certo punto arriva il 63enne, anche lui residente nel medesimo condominio, e alla vista dell’animale decide di tirare fuori dalla macchina un martello e di colpirlo violentemente al dorso. Una botta tremenda, che provoca al povero animale una frattura scomposta della colonna vertebrale «con interessamento della spina dorsale». Peter viene immediatamente portato dal veterinario e si salva solamente per puro miracolo, anche se per lui ormai la vita è praticamente appesa a un filo e si muove con fatica.
Calcio mortale
Dopo pochi mesi, il primo agosto dello stesso anno, la scena sostanzialmente si ripete. Il gatto sta ciondolando sempre nell’area verde condominiale quasi agonizzante. Il 63enne è di nuovo lì, pronto a sferrargli il colpo mortale. Si avvicina, prende la rincorsa, e gli sfodera un calcio tale da far sbalzare l’animale indietro. E poche ore dopo “Peter” perde la vita. La vicina di casa proprietaria del gatto, avendo visto tutta la scena con i suoi occhi, corre così a denunciarlo.
Vecchie ruggini tra i vicini
Nel corso del processo penale che ne è conseguito sono stati sentiti il veterinario, che ha sostanzialmente confermato come il decesso del gatto fosse riferibile a quei due tremendi colpi subiti, ma soprattutto l’imputato e la proprietaria del gatto. Due storie, le loro, che hanno fatto emergere come la decisione di prendersela con il suo animale potesse in realtà essere stata la conseguenza di vecchie ruggini tra i due.
Insulti e grida
Un rapporto di vicinato molto complesso, fatto di insulti e grida. E in alcuni casi anche di situazioni in cui i due si sono messi le mani addosso. Ancora oggi c’è un procedimento aperto davanti al giudice di pace per lesioni personali a carico della donna. Tuttavia questo non giustifica la decisione di prendersela con “Peter” che, per colpa dell’acredine tra due persone, ci ha rimesso la sua vita. L’avvocato Federica Montanari, che difende il 63enne, ha comunque già annunciato la sua decisione di fare appello alla sentenza emessa dl giudice Cecilia Calandra.

Newsletter

Iscriviti e ricevi le notizie del giorno prima di chiunque altro Clicca qui