Ravenna. Truffa sulla casa affittata: condanna a 7 mesi

Assolto il titolare della società proprietaria dell’immobile, condannata invece la rappresentante della ditta che ne seguiva le pratiche amministrative e burocratiche. Per lei la sentenza parla di 7 mesi (tanti quanto ne aveva chiesi la Procura) oltre a una provvisionale di 6mila euro e il risarcimento delle spese legali per la parte civile. Si chiude così, in primo grado, il processo per una truffa immobiliare denunciata da una ragazza di 31 anni.

Pensava di avere concluso un affare a lungo termine firmando un contratto di affitto per un appartamento a Ravenna. Così lo aveva tirato a lucido: cucina su misura, sanitari nuovi, impianto elettrico, arredi, mobili ed elettrodomestici. Terminati i lavori avrebbe scoperto che l’immobile non solo era pignorato, ma di lì a poco sarebbe pure stato venduto all’asta. Difesa dall’avvocato Laerte Cenni, ha quindi sporto denuncia, lamentando di non essere stata informata al momento della sottoscrizione del contratto di locazione che l’immobile era oggetto di un’istanza di pignoramento.

Arriviamo quindi alla condanna, le cui motivazioni spiegheranno il ragionamento seguito dal giudice Roberta Bailetti. Stando a quanto emerso nel corso del processo, a far firmare l’atto alla condomina sarebbe stata la 69enne alla quale erano affidati gli interessi della società locatrice. L’atto risale al novembre del 2018, in seguito al quale, la ragazza avrebbe iniziato a ristrutturare casa, lasciando anche una cauzione di 1.740 euro, provvigione di 785 euro per l’intermediazione, procedendo poi con i lavori per 15mila euro, e infine saldando il primo canone d’affitto di 580 euro versato non appena messo piede dentro casa. L’amara sorpresa è arrivata il 9 gennaio 2019, con un foglio notificato sotto il portone d’ingresso. L’impresa dava atto dell’avvio di una procedura esecutiva immobiliare. Il custode giudiziale si è fatto vivo dopo poco, informando la condomina che debiti per la bellezza di 9 milioni di euro avevano portato al pignoramento dell’intero immobile: una procedura secondo l’accusa ufficializzata sei mesi prima che la 31enne firmasse il contratto. La crisi dell’impresa immobiliare si è conclusa con il definitivo tracollo, con il fallimento dichiarato nel dicembre 2020.

È a questo punto che si inserisce la tesi difensiva del proprietario dell’immobile, un 78enne ravennate citato a giudizio e ieri assolto. Situato in zona quartiere Anic, il palazzo era sottoposto a convenzione di edilizia popolare e poteva essere concesso solamente a specifiche condizioni economiche, tra le quali reddito inferiore ai 35mila euro. Per l’avvocato Nicola Montefiori la ragazza, di fatto convivente con il compagno, avrebbe avuto un reddito, che sommato, sarebbe stato ben superiore a quello previsto. Così ieri il legale ha chiesto la produzione delle lettere inviate alla Regione e al Comune di Ravenna nelle quali la circostanza veniva segnalata. Qualora tale ipotesi fosse confermata, secondo il difensore, non solo cadrebbero tutte le accuse, ma alla coppia potrebbe essere contestato di aver occupato da più di 4 anni un appartamento invece destinato a persone meno abbienti. Su tale circostanza promette di andare a fondo anche la difesa della 69enne condannata, tutelata dall’avvocato Massimo Gardini, presentando istanze al liquidatore della società locatrice, sostenendo che non solo la ragazza non ha mai perso la casa alla quale non aveva diritto, ma che non ha neppure subito alcun danno. FED.S.

Newsletter

Iscriviti e ricevi le notizie del giorno prima di chiunque altro Clicca qui