Ravenna, triplicate le bollette del forno: "Difficile andare avanti"

RAVENNA - Tradurre in una parola lo stato d’animo di Michela Fabbri è in fondo la cosa più semplice di una situazione complicata: arrabbiata. Insieme alla sorella e ai genitori, che lo hanno aperto mezzo secolo fa, Fabbri gestisce “Delizie da forno” di Alfonsine. Nei giorni scorsi l’attività ha visto le bollette triplicare: in uno dei punti vendita il gas è passato da 583,1 a 1.535,24 euro. In un altro da 2.563 a 8.369 euro. Non va meglio con la luce, cresciuta da 970 a 2.505 euro in un negozio e da 643 a 1.742 in un altro. «Questa è economia di guerra – dice Fabbri –. Lavoro nel forno da 34 anni, ero una ragazzina quando ho cominciato, e non avevo mai visto una cosa del genere. Sa cosa dovremmo fare per rientrare dei costi? Raddoppiare i prezzi. Ma come si fa? Stamattina le persone in negozio parlavano di rivoluzione… e la politica al momento mi pare stia pensando ad altro».

Il costo dell’energia è un problema vero, di quelli che si fa sentire nelle tasche di cittadini e imprese. Fabbri spiega che a maggio è stata decisa la chiusura di un punto vendita a Longastrino perché «sulla qualità non vogliamo tornare indietro, lavoriamo con i grani antichi, esportiamo all’estero i prodotti della Bassa Romagna. Ma non è semplice ora, non è una bella situazione». Sui fornai, poi, oltre agli alti costi delle bollette di un’attività che per sua natura consuma molta energia da inizio anno si sono abbattuti gli aumenti delle materie prime. Non solo i cereali ma anche prodotti come il burro, raddoppiato, e le uova, cresciute del 38%, erodono i margini. «Non mi vergogno di dire che la situazione è difficile – aggiunge l’imprenditrice – e che negli ultimi mesi ho rinunciato allo stipendio perché è giusto dare la precedenza ai dipendenti».

E dire che “Fabbri - Delizie da forno” ha attraversato anche il cambio delle abitudini del consumatore – «con l’apertura dei centri commerciali a cavallo del Duemila siamo passati da 500 clienti al giorno ad una settantina» – e la grande crisi del 2008. «Il commercialista mi disse allora che l’acqua sarebbe arrivata a costare quanto la coca cola… ha anticipato i tempi di dieci anni». Ecco dunque che le richieste alla politica di una piccola impresa, che comunque nei suoi esercizi commerciali dà lavoro ad un discreto numero di persone, sono soprattutto quelle di affrontare il problema. Ci sarebbe poi anche una questione di prospettiva, che riguarda i forni: «In Italia siamo troppi, pensi che in Germania c’è lo stesso numero di panettieri della Lombardia. Dovremmo consorziarci, questo purtroppo non è più il tempo di coltivare orticelli. Non ci sono margini». Ed è in fondo un segnale di speranza che, con più di diecimila euro di bollette in mano e una preoccupazione crescente, chi fa impresa abbia ancora idee per il futuro.

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