Ravenna, sgominata banda rom dedita alle estorsioni

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«Vi dimostro che Ravenna non è più di “Turcu”. Sono finiti. A Ravenna c’è la barriera, la forza siamo noi e lo dimostriamo». Così Ionel Ciurariu parlava al telefono col fratello. 51enne di origine rumena, per tutti era “Pipi Lugoj”, l’uomo al vertice di un’associazione criminale Rom che a colpi di estorsione stava cercando di far valere la propria supremazia tra Ravenna, la cittadina vicentina di Rosà e Lugoj in Romania. Mercoledì mattina i carabinieri sono riusciti a smantellare l’associazione, eseguendo un’ordinanza di custodia cautelare firmata dal gip Barbara Maria Trenti del Tribunale di Vicenza. Quindici sono i soggetti, tutti di origine rumena, fermati dai militari tra la Romagna e il Vicentino. A Ravenna, in particolare, sono stati portati in carcere la presunta mente dell’organizzazione, il 51enne Ionel Ciurariu e il 50enne Alexandru Sain detto “Guntu”. Ai domiciliari, sempre della costola ravennate, sono invece finiti il 28enne Tiberius Rostas alias Tibi Darynca, il 24enne Adam Neda alias Baron Cosmin, il 25enne Brainar Sain alias Beni e infine il 30enne Ionel Ciurariu alias Zoran Zis Zoran. Sono difesi dagli avvocati Carlo Benini e Francesco Furnari.

L’indagine coordinata dalla Procura di Vicenza ha preso le mosse da numerose denunce presentate da una famiglia di etnia Rom residente nel territorio vicentino, a partire dalle quali è stato accertato come il metodo estorsivo utilizzato dagli indagati fosse ampiamente rivolto nei confronti di molti connazionali, residenti in Italia e all’estero, dai quali ottenevano il pagamento di somme di denaro per consentire loro di permanere, senza subire ritorsioni, nei territori dove si erano stabiliti. L’azione intimidatoria avveniva con richieste estorsive, formulate anche con ostentazione di armi e munizioni, che passavano principalmente tramite l’utilizzo dei social network. Lo scopo era la corresponsione di un vero e proprio “pizzo” da parte dei connazionali, per una cifra totale che supera il mezzo milione di euro. A chi si rifiutava di pagare rispondevano con minacce di morte e, in certi casi, con azioni incendiarie e danneggiamenti.

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