Ravenna, rifiuti abbandonati demolendo la Berkan B: due imprese a processo

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Avrebbero dovuto gestire i lavori di demolizione della Berkan B e rimuovere, dopo anni di abbandono, il relitto della motonave semi-affondata nella banchina della pialassa del Piombone. Ottenuta la concessione, si erano messi all’opera iniziando ad accumulare sacchi e container di rifiuti, fra i quali anche amianto. Era bastato un controllo per appurare che i soggetti autorizzati dall’Autorità Portuale nel 2017 avevano fatto il passo più lungo della gamba. I vertici dell’ente sono già stati chiamati a risponderne, e il processo per l’inquinamento della pialassa, di cui sono accusati il presidente Daniele Rossi e del segretario generale Paolo Ferrandino, proseguirà in aprile con rito abbreviato. Ieri invece, è entrato nel vivo il procedimento penale nei confronti delle prime due ditte che si cimentarono in una demolizione dai retroscena surreali. Di fronte al giudice monocratico Tommaso Paone, accusati in concorso di deposito incontrollato di rifiuti, sono finiti sia Adele Malco, legale rappresentante della Mediterranean Ship Recycling, l’azienda con sede a La Spezia che ottenne la prima autorizzazione alla demolizione, sia Loriano Bernardini, titolare dell’omonima impresa individuale (attualmente irreperibile) che subentrò nell’attività poi finita sotto i riflettori della Procura.

Il “cuoco demolitore”

La discutibile modalità di demolizione era stata accertata il 5 marzo del 2018 dalla Capitaneria di Porto. Da quel controllo era emerso un quadro allarmante: nessun documento di valutazione dei rischi, né documentazione tecnica indicante le fasi preparatorie ed esecutive. A smantellare il cargo era stato sorpreso un unico operaio, con un curriculum non proprio qualificato: era cioè un ex cuoco senza formazione specifica, che stava lavorando da solo a bordo, con scarpe antinfortunistica e una sorta di giacca a vento sbruciacchiata, senza presidi antincendio in regola né illuminazione di sicurezza, men che meno un impianto per la ventilazione o per verificare che tra le vasche piene di liquami l’aria fosse respirabile. Dalle carte era emerso che Bernardini aveva ottenuto la concessione il 23 novembre 2017, subentrando all’azienda ligure. Andando a ritroso, gli inquirenti avevano anche ricostruito dagli atti recuperati dalle due imprese e dall’ente di via Antico Squero, che la Mediterranean Ship Recycling aveva a sua volta ricevuto il nulla osta da Ap dieci mesi prima, il 27 gennaio, e anche dopo il passaggio di consegne alla ditta individuale, aveva continuato a supportare (quantomeno ufficialmente) le operazioni con il noleggio delle attrezzature.

Una montagna di rifiuti

Quando l’inchiesta è entrata nel vivo, un’ulteriore ispezione condotta nel marzo del 2019 ha elencato in maniera minuziosa i “risultati” dello smaltimento fallimentare. Circa 17 “big-bag” (specie di sacchi di grandi dimensioni per la raccolta di rifiuti) pieni di estintori esausti, lana di vetro, polistirolo, segatura, e anche amianto, sono stati rinvenuti abbandonati sulla banchina. E ancora, due container pieni di rifiuti vari, due rottami di scialuppe, un motore fuoribordo, una decina di bombole di gas compressi e altri due metri cubi di materiale da smaltire sparso per tutto il cantiere e abbandonato. Un’immagine raccapricciante, che ha alimentato l’interesse delle associazioni ambientaliste, costituitesi parte civile nel processo principale contro i vertici di Ap e preoccupate per le conseguenze sulla vicina oasi naturalistica.

Il processo contro Ap

Ieri gli atti delle indagini sono stati acquisiti nel corso dell’udienza alla quale erano presenti i legali dei due imputati, gli avvocati Fabio Sommovigo e Alessandra Giovannini. Il processo riprenderà a giugno, quando potrebbe già essere giunto a sentenza il procedimento per inquinamento ambientale nei confronti di Rossi e Ferrandino. Sarà il gup Corrado Schiaretti a prendere atto dell’impatto degli sversamenti della Berkan B nella pialassa, confrontando le conclusioni dei consulenti nominati sia dal pm Angela Scorza sia dalle difese; una valutazione che dovrà stabilire l’eventuale responsabilità penale dei due dirigenti.

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