Ravenna, ricattata dall'hacker per le foto hot finisce a processo

Cervia

«Mandami altre foto in cui compari nuda o rendo pubbliche quelle già in mio possesso». E’ il ricatto che per mesi non ha fatto dormire una 30enne cervese, in balia di un maniaco estremamente abile nel nascondersi tra i reticoli del web. Uno sconosciuto tutt’ora non identificato, che forse seguendo le tracce disseminate dalla giovane su social e siti internet per adulti è riuscito a risalire alle sue abitudini, impossessandosi della sua intimità per imprigionarla in un gioco morboso. Preoccupata, la vittima si è rivolta a un’agenzia di investigazioni digitali, che ha esaminato le mail ricevute. Poi è arrivata una lettera nella buchetta, e i guai sono raddoppiati. Perché dopo averla condivisa con i propri consulenti privati, la giovane l’ha consegnata alla polizia che nell’approfondire la questione, ha messo in dubbio la sua autenticità. E’ stato un boomerang che le si è ritorto contro, costandole un processo insieme all’esperto al quale si era rivolta, con l’accusa nei confronti di entrambi di simulazione di reato.

La lettera nella buchetta

La 30enne e il consulente sono finiti entrambi davanti al giudice monocratico Federica Lipovscek. Mentre la prima, difesa dall’avvocato Antonio Diogene ha scelto la strada della messa alla prova per non affrontare il dibattimento e rivivendo il trauma già patito, il professionista ha deciso di difendersi nel merito con l’avvocato Silvia Brandolini. D’altra parte solo la lettera cartacea – scritta in un foglio bianco A4 piegato in quattro parti, e trovata secondo la denuncia della ragazza il 17 maggio 2019 – viene contestata a entrambi. L’estorsione a sfondo sessuale subita nei giorni precedenti è invece confluita in un fascicolo contro ignoti aperto dalla Procura, tuttavia senza giungere all’identità del misterioso stalker. Una persona a quanto pare competente in fatto di reti informatiche.

Proposta indecente

L’incognito mittente si era fatto vivo per la prima volta 15 giorni prima, il 2 maggio, con una mail inquietante: «So moltissimo di te, so chi sei, dove abiti, chi frequenti, dove hai studiato, dove hai lavorato e dove bazzichi». Le aveva allegato alcune foto osé, che la giovane aveva ingenuamente affidato alcuni anni prima a un sito per adulti, con la complicità del proprio fidanzato dell’epoca. Terminata la relazione, aveva però chiesto alla proprietà del portale la rimozione delle immagini hard che la ritraevano, pagando anche una sorta di penale. Sembrava essere andato tutto a buon fine. Finché, un anno dopo, non è arrivato quel messaggio in posta elettronica con la richiesta diretta: «Voglio solo che tu mi invii altre foto dove compari nuda in pose decisamente più pornografiche di quelle che ti ho postato». Una mail seguita da altre, con la minaccia di rendere tutto pubblico, a conoscenti, amici, familiari e colleghi. Fino all’ultimatum. E a quella lettera cartacea, divenuta un incubo nell’incubo.

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