Ravenna, narcotizzato da moglie e figlio per nascondere la tresca

Sembrava dover essere la vittima di una torbida vicenda di violenza sessuale, consumata in ambito domestico: aveva detto di essere stata drogata e stuprata dal figlio di suo marito e di essere stata ricattata affinché non dicesse nulla e si concedesse ad altre prestazioni sessuali. In realtà, tra matrigna e figliastro c’era una tresca voluta da entrambi. E per le accuse false mosse nei confronti del giovane ex amante (finito per giunta in carcere per 28 giorni) la donna, una 43enne di origini toscane residente nel Ravennate, ha già patteggiato la pena di un anno. Il paradosso è che ieri è nuovamente finita a processo, questa volta imputata insieme al 22enne marocchino che aveva calunniato. Secondo le nuove accuse che ieri mattina li hanno condotti entrambi davanti al giudice per l’udienza preliminare Corrado Schiaretti, la vera vittima della loro relazione clandestina sarebbe stato il compagno della donna, nonché padre del ragazzo; per tenerlo all’oscuro si sarebbero spinti fino a narcotizzarlo, facendolo finire all’ospedale. E con lui, l’altra parte offesa individuata nella richiesta di rinvio a giudizio firmata dal sostituto procuratore Antonio Vincenzo Bartolozzi, sarebbe il figlio secondogenito, all’epoca dei fatti poco più che 14enne; maltrattato, offeso e minacciato dal fratello maggiore, sarebbe stato anche usato come pusher in un bar della provincia.

Gocce nel bicchiere

I fatti contestati arrivano fino a luglio del 2019. C’è una precisa data, quella del 16, nella quale secondo la Procura la 43enne si sarebbe messa d’accordo con il 22enne, probabilmente per evitare che il rapporto venisse scoperto dal marito, a sua volta di origini marocchine e all’epoca dei fatti 40enne. Lo avrebbero addormentato versandogli a sua insaputa gocce a base di benzodiazepine nel bicchiere, nel tentativo di sedarlo. Nel capo d’imputazione a carico dei due ci sono anche le lesioni personali aggravate dal vincolo coniugale e parentale, legate alla rovinosa caduta a terra subita dalla vittima una volta persi i sensi.

Obbligato a spacciare

Il 22enne deve rispondere anche delle vessazioni messe in atto nei confronti del fratello minore. Non si curava del fatto che fosse presente durante i rapporti sessuali con la matrigna, e non si faceva scrupoli nell’inviargli foto a luci rosse denigrando sua madre. Lo avrebbe picchiato in più circostanze, prendendolo a pugni, frustandolo con una cinghia e colpendolo alle dita con un bastone di legno; per via dei calci ricevuti era stato costretto a rimanere a casa da scuola per una ventina di giorni. Il ragazzino sarebbe pure stato obbligato a rubare denaro al padre per consegnarlo al fratello maggiore, e addirittura a spacciare droga al suo posto, facendolo diventare un piccolo pusher di hashish e marijuana in un bar della zona, sotto il ricatto di nascondere sostanze stupefacenti nel suo zainetto e incastrarlo di fronte al padre.

Verso il processo

Un carico di reati che è approdato ieri mattina davanti al gup Corrado Schiaretti. La donna, difesa dall’avvocato Jessica Bandini, ha patteggiato un anno e un mese in continuazione con la precedente pena per la calunnia legata alle false accuse di violenza sessuale, imbastite - secondo quanto già emerso a suo tempo - per giustificarsi agli occhi del marito che aveva scoperto la relazione con il figlio. Il 22enne invece, difeso dall’avvocato Nicola Casadio, è stato rinviato a giudizio e ora lo attende il processo.

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