Ravenna. Morte del dottor Molducci: al via il processo

Erano entrambi presenti in aula, seduti a un paio di metri l’uno dall’altra davanti alla corte d’assise chiamata a giudicarli in merito all’accusa di avere premeditato l’omicidio del dottor Danilo Molducci, stordito con un’overdose di farmaci che lo hanno portato alla morte. Per il 40enne di Castrocaro Stefano Molducci, figlio del medico di base di Campiano deceduto improvvisamente il 28 maggio del 2021 all’età di 67 anni, e per Elena Vasi Susma, 52enne di origini romene, all’epoca badante della vittima, si è aperto ieri mattina il processo che in caso di condanna potrebbe significare l’ergastolo. Udienze fissate fino alla fine di giugno dalla corte presieduta dal giudice Michele Leoni (a latere Antonella Guidomei), che ieri ha ascoltato la deposizione dei primi testi dell’accusa.

La telefonata dell’avvocato

La genesi dell’indagine condotta dalla squadra Mobile di Ravenna l’ha ripercorsa in aula l’ispettore Danilo Morelli. È il 29 maggio di due anni fa, giorno seguente al decesso, in apparenza, per cause naturali; un avvocato forlivese chiama in questura e rivela che a inizio anno il dottore si era rivolto a lui alla luce di alcune movimentazioni sospette sui suoi conti correnti gestiti dal 40enne. Il legale aveva incaricato un investigatore privato della provincia di Trento, tale Samuel Suelotto, affinché indagasse sulla natura di ingenti perdite nei risparmi del dottore. Il consulente aveva così scoperto che erano andati in fumo circa 1,8 milioni di euro, imputandone la causa proprio al figlio. Figlio – ha puntualizzato il teste – che «non risulta avere mai annoverato contribuzioni Inps né essere titolare di alcuna società, e che convive con compagna i cui contributi Inps non hanno importi rilevanti». Insomma, mai un’occupazione, eccetto un periodo come segretario del Pd di Castrocaro.

Ecco qui il movente: secondo la Procura Stefano Molducci avrebbe deciso di uccidere il padre con l’aiuto della colf per evitare che il genitore gli togliesse le deleghe per maneggiare il proprio patrimonio, in un clima familiare teso – ha riepilogato il sostituto procuratore Angela Scorza – che vedeva appunto il dottore «intenzionato a intentare un’azione legale contro il figlio». Questo il primo aspetto di una morte sospetta, che il 2 giugno porta il pm a disporre l’autopsia, notificando subito gli avvisi di garanzia ai due indagati.

Si è disfatto dei farmaci

Ebbene, il 28 maggio – ancora la ricostruzione dell’ispettore – «il consulente apprende della morte del medico tentando di contattarlo, ma trovando al telefono la badante, la quale gli dice che il dottore non è disponibile». Tabulati telefonici e intercettazioni – riepilogati in aula dal vice sovrintendente della Mobile Massimo Aiello – consegnano un quadro di quanto accaduto in quelle ore tra figlio e colf. Sono le 8.59 quando la badante chiama per la prima volta il 40enne. Parlano per 5 minuti. Poi un’altra chiamata alle 10.11, che precede la telefonata del minuto successivo al 118. Poi altre due conversazioni. Stefano arriva a Campiano partendo da Castrocaro sulle 11.10. Quel giorno, continuano gli investigatori, «il figlio del dottore fa degli spostamenti anomali nei pressi dell’abitazione e si disfa di alcuni farmaci presenti all’interno».

L’indagine sugli psicofarmaci

E’ il capitolo medicinali a rappresentare il secondo elemento sospetto. C’era già un’indagine in corso ancor prima che il dottore morisse. E c’era già un’indagata, la stessa colf che da oltre un anno assisteva 24 ore su 24 il dottore, vivendo con lui nell’abitazione di via Violaro 6, dove il medico, già debilitato, si era ritirato a una vita riservata. A inizio 2021, due farmacie avevano contattato i carabinieri segnalando anomalie su alcune prescrizioni mediche. Dietro la sigla di Molducci – stando a una consulenza grafologica – ci sarebbe stata in realtà la mano della badante. A darne atto il luogotenente Giuseppe Casale, all’epoca vice comandante della Stazione di Campiano. Sua la firma nel verbale di perquisizione del 26 maggio a casa del dottore. «Notammo che era a letto in condizioni malandate, non interagì con nessuno, solo un rantolo per chiedere un bicchiere d’acqua alla Susma. Forse non si accorse nemmeno della nostra presenza». Colpa dell’overdose di medicinali? I militari sequestrarono diverse scatole di farmaci, timbri e ricettari. Due giorni dopo fu il figlio di Molducci a suonare in caserma. Gli fu sufficiente attraversare la strada, di fronte alla casa del padre. E quel punto «chiese informazioni per eseguire un esame autoptico e se poteva chiamare le pompe funebri per portare via la salma».

All’autopsia, invece, ci ha pensato la Procura, evidenziando un abnorme sovradosaggio di psicofarmaci, diazepam e amlodipina, di cui il dottore faceva ampiamente uso. Potrebbe – nell’ipotesi accusatoria – essere stato proprio questo l’espediente per oscurare il delitto. Sul punto la difesa, rappresentata dagli avvocati Claudia Battaglia e Antonio Giacomini, ha chiesto alla corte di disporre una perizia medico-legale e tossicologica, che potrebbe essere oggetto di un confronto tra i consulenti nominati dalle parti, già fissato a metà mese.

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