Ravenna, meno spese col covid e crescono i depositi bancari

Nella prima metà del 2020 «si è significativamente accentuato il peggioramento del clima di fiducia delle famiglie» rispetto a consumi e propensione all’indebitamento. Poche parole, ma importanti e d’effetto quelle scritte da Banca d’Italia nel suo report regionale, che traccia una fotografia economica dei primi sei mesi dell’anno in tutte le province emiliano-romagnole.

Parole d’effetto perché ci raccontano cosa stia significando la pandemia da Covid-19 a livello economico e finanziario: una delle crisi più imponenti della nostra storia. Partendo da questo presupposto, è quindi comprensibile leggere dati della Banca d’Italia che parlano di una Ravenna dove famiglie e imprese, nei primi sei mesi dell’anno, hanno aumentato i loro depositi del 6,3 per cento rispetto al 2019 e quasi del 15 per cento rispetto al 2018. In economia tutto questo si definisce, molto semplicemente: accrescimento delle riserve a scopo precauzionale, con una contestuale preferenza verso la liquidità che va quindi via via aumentando.

Lato famiglie, in particolare, tutto questo è comprensibile. Il timore del domani conduce anche i ravennati – dove, tra l’altro, da domenica sono entrate in vigore le regole della zona arancione, spingendo ancora di più verso l’incertezza e, quindi verso l’aumento dei depositi bancari – a risparmiare quanto più denaro possibile.

E questo anche perché, per la prima volta dopo sei anni, nel primo semestre dell’anno in corso la regione Emilia-Romagna e la nostra provincia hanno visto arrestarsi l’espansione dell’occupazione. Certo cassa integrazione e blocco dei licenziamenti hanno impedito la catastrofe di un fiume di persone lasciate a casa senza un soldo, ma per molti, qualora non si ricominci a crescere, gli effetti si inizieranno a vedere l’anno prossimo, quando le misure verranno meno. A Ravenna i sindacati hanno stimato, in via prudenziale, che vi siano circa 5.300 lavoratori a rischio.

Chi cala

Se i depositi salgono, i prestiti, al contrario, sono invece in calo. Altro dato, questo, abbastanza comprensibile. Davanti a paure e incertezze aumentano appunto i depositi e diminuiscono i prestiti, che a Ravenna infatti fanno segnare una flessione nei primi sei mesi dell’anno dell’1,4 per cento rispetto allo stesso periodo dell’anno passato. Il dato, tuttavia, va letto in maniera differente tra famiglie e imprese. Se per le prime la richiesta di prestiti – che siano mutui per la casa o prestiti al consumo – è fortemente diminuita, per le imprese è invece cresciuta di oltre il 10 per cento, per effetto dei Dpcm di inizio anno che hanno previsto diverse formule di finanziamento alle imprese, con lo scopo di venire loro incontro rispetto ai mancati guadagni derivanti dal lockdown (il settore della finanza e dei servizi alle imprese è l’unico che ha fatto segnare un fatturato positivo del 2% rispetto all’anno scorso. L’alimentare, nonostante sia stato considerato bene di prima necessità, ha chiuso con una flessione della produzione del 5,3% e degli ordini del 4,7%). Il risultato è quindi un dato che praticamente si compensa tra famiglie e imprese, che chiude appunto con un leggero calo a Ravenna dei prestiti di poco più dell’1 per cento.

Cosa succederà domani è tutto da scoprire. Banca d’Italia è sicura che almeno fronte mutui casa e crediti al consumo delle famiglie i dati dovrebbero tornare a crescere.

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