Ravenna, si mangia i polpastrelli per evitare l'arresto

Ravenna

RAVENNA. Quando l’hanno arrestato si è mangiato le mani. Letteralmente. Nel senso che si è preso le dita a morsi. A che pro? Sperava a quel modo di riuscire a rendere irriconoscibili le proprie impronte digitali ed evitare di essere identificato. In ballo, per un 30enne moldavo rintracciato nel 2017 dai carabinieri di Cotignola, c’era una condanna definitiva a 5 anni da scontare nel Paese d’origine per il reato di fabbricazione di denaro falso. Così, per quel rocambolesco tentativo di proseguire la permanenza nello Stivale e scampare al mandato di cattura internazionale, il ragazzo è stato condannato anche in Italia. Doveva rispondere del reato previsto all’articolo 495 ter del Codice penale, cioè l’aver alterato “parti del proprio corpo utili per consentire l’accertamento di identità o di altre qualità personali”. La sentenza è arrivata ieri al termine del rito abbreviato scelto dal difensore del ragazzo, l’avvocato bolognese Donatella Degirolamo. A fronte dei 9 mesi chiesti dal sostituto procuratore Stefano Stargiotti, il giudice per l’udienza preliminare Corrado Schiaretti lo ha condannato a 5 mesi e 10 giorni con pena sospesa.

Ora il ragazzo si trova ormai da tempo in Moldavia, dov’è stato rimpatriato dopo l’arresto di due anni fa. La sua era stata una mossa inutile quanto dolorosa. Quando i carabinieri di Cotignola l’avevano fermato alla guida del furgone della ditta bolognese per la quale lui era regolarmente assunto, aveva esibito una regolare patente di guida con la propria foto. Insomma, lo avevano già riconosciuto. E quando i militari gli hanno chiesto di seguirli al comando di Lugo ormai le procedure per l’estradizione avviate su disposizione della Corte d’appello erano irreversibili. Non per il 30enne a quanto pare. Quel tentativo disperato di evitare l’identificazione si è trasformato alla fine in una nuova condanna, collezionata nel Paese in cui si era rifugiare per sfuggire alla giustizia di casa.

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