Ravenna, le finte dosi del medico no-vax: “Ho perso il controllo”

«Nelle diluite mettevo un po’ meno di 0,2… la dose completa era 0,3. Di fisiologica mettevo 1,8/2». Ecco qui la ricetta dei vaccini “annacquati” del dottor Mauro Passarini. A riceverla, quando addirittura il medico di base 65enne non decideva di bypassare l’iniezione certificando una dose mai inoculata, sarebbero stati alcuni fra i 149 pazienti indagati in concorso con lui per falso ideologico. Ora che tutti hanno ricevuto l’avviso di conclusione delle indagini preliminari, hanno potuto consultare il fascicolo aperto un anno fa dal sostituto procuratore Angela Scorza. Nel faldone che conta svariate centinaia di pagine sono agli atti i due diversi interrogatori resi del medico di base di Marina di Ravenna nel novembre 2021, quando, assistito dall’avvocato Carlo Benini, è comparso davanti al giudice per le indagini preliminari Corrado Schiaretti: il primo risale al 15 novembre, il secondo, appena 11 giorni dopo, è avvenuto poiché il dottore, scarcerato e tornato a casa agli arresti domiciliari, si è lasciato andare a un’intervista televisiva “strappata” in giardino, rischiando così di ritornare in cella.

«Ecco perché ho iniziato»

«Questo tipo di vaccino non mi ha mai lasciato tranquillo», spiega Passarini al gip pochi giorni dopo l’arresto, tirando in ballo il presunto caso di «una paziente che ha avuto un ictus il giorno dopo della somministrazione… vaccinata con Pfier». Il medico poi precisa, «la circostanza morte/vaccino non è stata accertata» e aggiunge, «questa donna non aveva fattori di rischio».

In quel periodo, preciserà poi nel secondo interrogatorio, «ero in una condizione psichica sicuramente alterata», alimentata già dal 2020 da un mix «di sovraccarico e di tensione per il tipo di lavoro che si stava facendo e di accumulo di incertezza e di paure», perché «quando è arrivato il vaccino vi erano notizie di effetti collaterali pesanti». Così, forte della convenzione con l’Ausl Romagna per somministrare il siero anti-covid e certificare l’avvenuta copertura nel portale SoleWeb, utile al rilascio del green pass, il 65enne ha deciso di assecondare le richieste di certi pazienti: «Mi chiedevano di poter avere un vaccino diluito in dose minore o non averlo per niente». Dopo alcuni mesi passati a suo dire eseguendo alla lettera le iniezioni secondo le direttive sanitarie nazionali, «a metà agosto è stata la prima volta».

Il gruppo di preghiera

Quelle «informazioni» sulle possibili conseguenze indesiderate del siero, aggiunge l’indagato, «le ho raccolte in giro, anche in quel gruppo di preghiera». È qui che Passarini tira in ballo il guaritore padovano dal quale frequentava un corso di meditazione. Si tratta di Riccardo Cattelino, pranoterapeuta a sua volta finito nella lista degli indagati (difeso dagli avvocati Simone Balzani e Barbara Sorgato), che avrebbe ricoperto un ruolo cruciale nel fare da tramite tra il dottore ravennate e la galassia no vax in cerca di un medico compiacente. Dopo essersi «infilato in quella situazione», continua il 65enne, «ho perso il controllo». Un viavai di persone in cerca di strade per dribblare le regole sui certificati verdi, che però è sfuggito di mano allorquando, ai «circa 1700 mutuati» il passaparola ha raggiunto altri pazienti ravennati, spostandosi poi oltre regione. Ad ogni richiesta Passarini rispondeva sì, a suo dire, mosso non dal desiderio di ricavarne un business, ma da una sincera «preoccupazione per alcuni individui che potevano sembrare più deboli per l’esposizione al vaccino».

Soldi in tasca

«Non ho mai preso denaro, non lo avrei mai fatto per soldi», ribadisce, giustificando così i 1.555 euro trovati nelle sue tasche dagli investigatori della Squadra Mobile durante l’ispezione scattata dopo avere intercettato l’ennesima dose simulata a padre, figlia e compagna provenienti apposta da Belluno per ottenere la falsa certificazione. «Erano soldi che mi ero portato a Padova al corso. Non sapevo di avere 1.500 euro in tasca. Avevo dei soldi in casa, me ne sono messi in tasca e non sapevo quanti ne avevo già». Non sono emersi elementi, nel corso delle indagini, utili a dimostrare che quelle banconote fossero frutto di un pagamento per le tre finte iniezioni; ecco perché è caduta l’ipotesi della corruzione.

Pesa però l’accusa di peculato, per i 15 flaconi di vaccino ritirati e lasciati andare a male; 13 quelli sequestrati in uno dei due studi del medico, fuori frigo e ormai da buttare. «È stata una negligenza generata da un momento mio di non presenza, di confusione, di sovraccarico di stress. Li ho dimenticati». Erano alcune delle fiale ricevute dopo il 29 ottobre 2021, chieste, così ha spiegato, «per vaccinare quelli che non avevo vaccinato prima». Già, perché le indagini erano ormai in corso, e fra i bene informati c’era chi stava cercando di correre ai ripari ed evitare di essere scoperto.

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