Ravenna, lasciati a casa il 1° maggio: gli operai devono essere risarciti

L’appalto lo aveva vinto, nuovamente, la stessa azienda e per le clausole di salvaguardia doveva riassumere tutti i lavoratori. Invece in quell’1 maggio in sette hanno una brutta sorpresa: nessun reintegro. Solo dopo l’intervento dei sindacati, dopo un mese o un mese e mezzo, questi vengono chiamati a lavorare. In cinque hanno fatto causa: «E l’hanno vinta tutti – spiega Rino Missiroli della Uil Trasporti –. L’ultima espressione del giudice del lavoro è giunta in questi giorni, dopo l’azione dell’avvocato Massimo Cardia. Questa vicenda però dovrebbe insegnare qualcosa soprattutto ad Hera, che quando attribuisce un appalto deve controllare che i termini contrattuali siano rispettati». Nel ripercorrere la vicenda si giunge al 30 aprile 2019, quando la Idrovelox – che operava per conto di Hera spa nella pulizia delle caditoie delle strade – si aggiudica di nuovo l’appalto. Incomprensibilmente però lascia a casa ben sette lavoratori che dall’1 maggio 2019 si trovano in mezzo alla strada: «Si trattava di poco meno della metà della forza lavoro. Probabilmente mano a mano avrebbero riassunto una parte degli occupati non riassorbiti – prosegue Missiroli –, ma hanno deciso di temporeggiare, per abbassare i costi. E solo dopo il nostro intervento qualcosa si è mosso». Secondo il sindacalista Uil è stata molto lacunosa la vigilanza messa in campo dalla multiutility nell’assicurarsi del rispetto dei termini con cui la Idrovelox si era riaggiudicata l’appalto: «Oltre al danno, per i lavoratori c’è stata la beffa di ricevere una simile inspiegabile notizia proprio il giorno della Festa dei lavoratori. Come Uiltrasporti ci siamo subito opposti per chiedere il rispetto della clausola, ma sia la Idrovelox che Hera sono risultate insensibili alle richieste fondate del sindacato. Inevitabilmente cinque lavoratori decidono di fare causa, gli altri due hanno cambiato lavoro. Nel giro di breve i primi sono stati reintegrati, un po’ alla volta, secondo i comodi dell’azienda. I dipendenti hanno comunque portato avanti le cause e finalmente, dopo mesi di lungaggini causate anche dalla pandemia, la giustizia ha fatto il suo corso e i dipendenti hanno ottenuto piena soddisfazione, ottenendo in tribunale anche il risarcimento del danno». Una vicenda che, comunque, per Missiroli deve far ragionare sul mondo degli appalti: «Quando mancano i controlli, i diritti dei lavoratori vengono sistematicamente lesi – conclude –. E’ per questo che pretendiamo il massimo rispetto delle regole contrattuali, con verifiche che siano tempestive. Verosimilmente l’azienda aveva voluto provare a risparmiare qualcosa: ogni lavoratore all’anno costa 40mila euro e pensavano così di guadagnare un vantaggio competitivo. E invece dovranno pagare i danni».

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