Ravenna, la morte di Vanni Ballestrazzi, amico fraterno di Gardini

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Se ne è andato a 90 anni Vanni Ballestrazzi, giornalista e amico fraterno di Raul Gardini che aveva conosciuto in tenerà età, già alle elementari. Dopo la sua morte, Ballestrazzi è stato testimone e memoria storica delle imprese e della vita del “Corsaro”. Se serviva un ricordo della Ravenna dell’epoca rampante della Ferruzzi bastava fare il suo numero. Come giornalista, Ballestrazzi aveva lavorato al “Resto del Carlino” e al quotidiano toscano “La Nazione”. Era stato anche presidente dell’Europa Yacht Club, con il quale aveva organizzato Festivela in memoria delle imprese sportive dell’amico Gardini. Del suicidio di Raul, raccontava di portare dentro il peso dell’ultima telefonata, il giorno prima: «Ci sentimmo che saranno state la 8 di sera, capii che non andava. Lo sentii dalla voce. Ho vissuto con lui in simbiosi, una vita intera, anche quando non ci vedevamo. E quella telefonata ce l’ho ancora nelle orecchie, quella voce che mi trapassa ogni giorno come una freccia». Non lo raggiunse a Milano, dove il giorno dopo Gardini fu trovato morto, per un appuntamento precedente e se ne faceva una colpa. «È il rimpianto della mia vita. Dovevo salire in auto e partire per Milano».

Testimone di nozze

Le leggende raccontano di una coppia di giovani “vitelloni”, la storia narra le vicende di due compagni di viaggio e confidenti. Ballestrazzi non si sposò mai ma fu testimone di nozze di Raul ed era al suo fianco anche nel '92, quando vinse la Louis Vuitton Cup. «L’ultima volta che l’ho visto felice», raccontava. Tra i loro luoghi storici in città: la trattoria Al Gallo e il bar Byron mentre a Marina di Ravenna il luogo deputato per i pranzi era lo storico ristorante Saporetti.

I giorni del sequestro Moro

Ma oltre all’amicizia con Gardini che ne ha segnato la vita, Ballestrazzi ricordava anche la conoscenza con Benigno Zaccagnini. Il ravennate fu l’unico giornalista ammesso nell’ufficio personale dell’allora segretario della Dc nei 55 giorni del sequestro Moro: «Oltre che con lui, avevo un’amicizia forte con quell’uomo meraviglioso che era il suo segretario personale, Umberto Cavina – spiegava Ballestrazzi al Corriere Romagna –. Piazza del Gesù era assiepata di giornalisti, ma io chiamavo Cavina in romagnolo. Così entravo, fra le rimostranze di colleghi italiani ed esteri». E fu così che il giornalista ravennate si trovo ad assistere ad uno dei momenti più duri, per Zac: «In quei giorni non mangiava o quasi, mi chiedeva di rimanere mentre assieme consumavamo una mozzarella e un po’ di pomodoro. Era la prima settimana di maggio e gli passano una chiamata. Era Giovanni Moro. Lo vidi sbiancare, parlava per monosillabi, ascoltava l’appello di un figlio che voleva salva la vita del padre. Sapeva di non poter far nulla».

Ballestrazzi circa tre mesi fa aveva avuto un peggioramento delle condizioni di salute ed era stato ricoverato a Bologna e poi a Ravenna. L’ultimo mese lo ha passato a Santa Teresa.

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