Ravenna, l'amore spezzato dalla strage di 40 anni fa alla stazione

Ravenna

«Quella mattina, Leo Luca si era anche addormentato. Mio marito gliel'aveva detto subito: prendi la macchina, è anche nuova. Antonella arrivò velocemente, e così riuscirono a prendere il treno. Che li portò a Bologna, il giorno della strage».

Pina Marino abita a Ponte Nuovo fin dal 1971. Quarant'anni fa perse il fratello, due sorelle, e la fidanzata del fratello di cui «eravamo tutti innamorati, era calma, dolcissima. Eravamo una famiglia». Il dramma di Leo Luca Marino e Antonella Ceci portò in città un dramma nazionale vissuto comunque da vicino. Lei 19, lui 24 anni, felici e con una vita davanti. «Luca lavorava in Cmc, ma quel giorno la draga si era rotta e a lavoro non poteva andare – prosegue Pina -. Ogni anno, a prendere Mimma e Angela che venivano a trovarci da Altofonte, il paesino vicino Palermo di cui siamo originari, andavamo io e mio marito Archimede, coi bambini». Ma Leo Luca è libero da lavoro e così si offre di andare: «Eravamo in casa, assieme. Era il mio fratellino e me l'ero portata sù a Ravenna quando aveva 16 anni. C'era anche Antonella quel giorno con noi, stavano assieme da due anni. E disse che voleva accompagnarlo». Leo Luca, premuroso, le chiede di informare Anna, la futura suocera: «Antonella era la sua unica figlia. Anna chiese loro di andare in treno: nel primo affollato sabato di agosto lo giudicava più sicuro». E normalmente è così, ma non in quel terribile 2 agosto 1980. Antonella e Leo Luca arrivano a Bologna, si incontrano con Mimma e Angela. Chiamano a casa, a Altofonte. E poi aspettano la coincidenza, per tornare a Ravenna. «Mi chiama Anna – ricorda Pina -. Mi dice se quando arrivano i ragazzi poi gli chiediamo di andare da lei. Erano usciti i voti della maturità, all'Itis. Antonella aveva preso il massimo dei voti e Anna aveva preso i pasticcini, per festeggiare. Per lei c'era già il posto sicuro, allo zuccherificio di Classe». E invece arrivano notizie terribili, alla stazione «sarebbe esplosa una caldaia». Invece è una bomba, e sia a casa Marino che a casa Ceci si parte per andare a cercare i ragazzi che non tornano. «Avevo quindici anni, era iniziata un'estate di spensieratezza e prime autonomie – racconta Fabio Cappelli, cugino di Antonella Ceci -. Giunse quella notizia, in tarda mattinata e nulla fu più come prima». Gli zii di Fabio, Anna Baldacci e Pietro Ceci, sono morti quest'anno: «Zia Anna se n'è andata il 16 gennaio, zio Pietro il 4 aprile. Loro però dal 2 agosto 1980 provavano a sopravvivere, non vivevano più». Quel giorno andarono Pietro Ceci e Alvaro Cappelli, il babbo di Fabio: «Partirono quella sera stessa, con un taxi messo a disposizione dalle istituzioni – spiega Fabio -. Antonella non la trovarono, la videro ma non la riconobbero perché i resti erano smembrati. Mio babbo mi racconta ancora oggi il girone infernale nel quale piombarono. Quando tornò vidi il volto di mio padre distrutto, ma Antonella non sembrava esserci. La identificarono solo dopo, grazie a un calco dentale». Da casa Marino parte Archimede Beani, il marito di Pina Marino. «Ebbi modo di trovare solo Domenica, Mimma come la chiamavamo tutti». «Luca e Angelina li riconobbe mio fratello Salvatore, assieme a mio cognato – gli fa eco Pina -. Per un anno non sapevo come sopravvivere, persi 10 chili in 15 giorni. Mia madre pure, nelle ore immediatamente successive alla strage fu fortissima. Poi quando ci fu l'ufficialità uscì urlando per il paese i nomi dei figli morti. Lei è morta nel 2011, mio padre sei anni dopo, fiaccato da una malattia e dall'immenso dolore». Vite spezzate, di due fidanzati dalle provenienze diverse e innamoratisi ballando il liscio, nella scuola Malpassi di Borgo Montone. Di due ragazze, di 26 e 23 anni, che volevano godersi per qualche settimana l'affetto dei fratelli e un po' di mare. E di altre 81 persone, le cui famiglie rimasero dilaniate dalla bomba. «La verità storica non c'è – ricorda Fabio Cappelli – e dopo 40 anni sarebbe ora che tutti gli elementi disponibili fossero finalmente messi a disposizione per averne una acclarata». Una cosa, però, rimarrà incomprensibile: «Chi si è macchiato di questo gesto, lasciando vigliaccamente una bomba in una sala d'aspetto di una stazione in estate, per cercare di strappare più vite innocenti possibili, non ce l'aveva una famiglia - conclude Pina Marino -? Poco prima dello scoppio, era passato un treno di bambini, diretto a una colonia. Quale essere umano può mettere in atto qualcosa di simile?».

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