Ravenna, l'amore di Teresa Guiccioli e Lord Byron all'Alighieri

Ho bisogno di un eroe”: è l’incipit del “Don Juan” di George Byron a dare il titolo allo spettacolo che l’Associazione musicale “Angelo Mariani” propone questa sera alle 21 al teatro Alighieri. L’opera racconta – come illustra il sottotitolo – la “vita ardente e temeraria di Teresa Guiccioli e del suo amante Lord Byron”, ponendo un interessante accento proprio sulla figura di Teresa, sul suo punto di vista nel racconto di una delle vicende amorose più dissacranti e chiacchierate dell’epoca.

La storia è molto nota. Teresa Gamba nasce da una nobile famiglia ravennate nel 1800; viene educata prima nel convento di Santo Stefano degli Ulivi poi nel più liberale collegio di Santa Chiara a Faenza, a seguito delle simpatie giacobine del padre, il conte Ruggero. A diciotto anni viene data in sposa al conte Alessandro Guiccioli, che ha quarant’anni più di lei, sette figli ed è rimasto vedovo due volte. Del suo matrimonio Teresa scrive nel proprio diario (inedito conservato alla New York Public Library, tradotto dal francese da Giulia Livia Zanotti per gentile concessione di Claudia Giuliani) «né la mia buona madre né alcuna amica adempirono a questo sacro dovere d’iniziarmi prima del matrimonio alle sue leggi. Io non sapevo ciò che andavo a consentire e a subire. Ero veramente una cosa consegnata ma non consultata».

Teresa è una donna molto colta: ha ricevuto un’educazione intellettuale, più vicina a quella dei collegi maschili, ed è stata allieva del filologo Paolo Costa, che probabilmente contribuisce al suo interesse per il mondo letterario. Conosce George Gordon Lord Byron a Venezia, nell’inverno tra il 1818 e il 1819, e tra i due nasce un vero e proprio colpo di fulmine, tanto che Byron segue i Guiccioli a Ravenna nel giugno del 1819.

«Mi sono innamorato di una contessa romagnola di Ravenna», scrive Byron all’amico John Cam Hobhouse, «la quale ha diciannove anni e un conte di cinquanta – che sembra disposta a sistemare essendo terminato il primo anno di matrimonio».

«Una graziosa fanciulla dai capelli biondi uscita l’altr’anno da un convento», così il poeta descrive la contessina, concludendo: «Lei è carina – ma non ha tatto».

È Teresa, nella sua autobiografia, a raccontare l’estrema fascinazione che il poeta inglese esercita su di lei fin dai primi istanti: «La nobile e bellissima sua fisionomia, il suono della sua voce, le sue maniere, i mille incanti che lo circondavano lo rendevano un essere così differente, così superiore a tutti quelli che io avevo sino allora veduti che non potei fare a meno di non provarne la più profonda impressione».

A Ravenna Byron arriva nel ruolo di “cavalier servente”, ma presto i due diventano inseparabili. Inizialmente Byron si sistema a palazzo Guiccioli, poi, nel luglio 1820, i coniugi Guiccioli ottengono la separazione e Teresa torna a vivere nel palazzo paterno. I rapporti sempre più stretti con Ruggero e Pietro Gamba, ferventi carbonari, introducono Lord Byron alla causa rivoluzionaria, che lo porterà a partire nel 1823 per la Grecia, dove morirà l’anno successivo.

L’amore fra la contessa ravennate e il nobile inglese conserva un fascino immutato, che nella nostra città è sostenuto dai numerosi cimeli conservati dalla biblioteca Classense e che confluiranno nel museo Byron. L’Associazione musicale “Angelo Mariani” ha raccolto questa fascinazione commissionando un’opera originale dedicata a questa storia immortale.

In scena, l’attrice Mascia Foschi e la soprano Valentina Coladonato, con l’Orchestra Arcangelo Corelli diretta da Jacopo Rivani. Guido Barbieri, ideatore e autore del testo, racconta la genesi dello spettacolo: «Il nostro sogno è stato di mettere la figura di Teresa, in tutta la sua complessità, dentro il suo palazzo. Ciò che vogliamo raccontare non è tanto la storia d’amore tra Teresa e George quanto la figura di Teresa, che si sdoppia: una che narra e dice se stessa e l’altra che canta, impersona la musica che Teresa tanto amava». Lo spettacolo costituisce infatti un prologo all’inaugurazione del museo Byron e dei restauri del palazzo Guiccioli, ad opera della Fondazione Cassa di risparmio di Ravenna. Alle musiche di Robert Schumann si intrecciano le composizioni originali di Paolo Marzocchi, quattro lieder che mettono in musica altrettanti canti del “Don Juan” di Byron: «Sono partito, nella composizione di questi quattro “songs”, dall’accordo finale che chiude il “Manfred” di Schumann, come se le ultime note di Schumann si trasformassero in qualcosa di nuovo, un “Byron chord”».

Info: www.teatroalighieri.org

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