Ravenna, in tribunale per il barboncino: "Mi chiesero un riscatto"

Una volta viste le foto di quel cucciolo di barboncino, inviatele da una conoscente 59enne con cui aveva in precedenza portato a termine l’acquisto di un altro cane, si era subito innamorata e aveva deciso di comprarlo: d’altronde la donna, una 62enne di Ravenna, cercava proprio un “Teacup”, sostanzialmente un cagnolino in miniatura che raggiunge il peso massimo di un chilo e mezzo. Era l’aprile del 2019, e l’acquirente di “Milka”, questo il nome del barboncino, non poteva ancora immaginare che la compravendita sarebbe poi diventata materia di un processo per truffa nei confronti della 59enne, definitasi «mediatrice», e dell’allevatrice, 49 anni, difese rispettivamente dagli avvocati Enrico Ferri e Battista Cavassi. A innescare gli accertamenti dei carabinieri forestali di Ravenna era stata proprio la denuncia della 62enne, ora costituitasi parte civile con l’avvocata Annalisa Porrari, arrivata dopo mesi di tira e molla. Nonostante il pagamento fosse stato effettuato sin dalla primavera (500 euro di caparra e altri 2.100 per concludere l’affare), il barboncino, nato nell’allevamento della coimputata 49enne, non le era infatti mai stato consegnato. Ieri mattina, davanti al giudice onorario Tommaso Paone, sono state ascoltate sia la 62enne, in qualità di parte offesa, che la mediatrice 59enne. L’acquirente ha ripercorso la vicenda a partire dalle origini, spiegando di avere subito saldato i bonifici per l’acquisto di Milka, poi ribattezzata Chanel in sede di registrazione all’anagrafe canina, ma di avere chiesto alla mediatrice di tenerlo con se durante la stagione estiva per via di impedimenti logistici. Il problema, a detta della 62enne, sarebbe sorto verso la fine di agosto: «Il richiamo del vaccino in realtà non era stato fatto - ha detto - e mi è stato detto che il libretto sanitario del cane era andato perso». A quel punto l’allevatrice avrebbe proposto alla 62enne l’acquisto di un altro amico a quattro zampe, un volpino della Pomerania, chiedendo un acconto di 500 euro e altri 200 per prendersene cura. Insomma, «alla fine ho fatto bonifici per 3.300 euro» ha riepilogato la parte civile. Ma la goccia che ha fatto traboccare il vaso è coincisa con la scoperta che, nelle nuove foto inviate via cellulare, il cucciolo era cresciuto notevolmente: «Non poteva essere il mio» ha riferito la donna. L’allevatrice, cui nel frattempo il barboncino era stato riconsegnato dalla mediatrice, avrebbe a questo punto rincarato la dose: «Mi ha detto che dovevo pagare un riscatto di 800 euro per il cane» ha aggiunto la 62enne. E così, il 3 ottobre 2019, è scattata la denuncia, e con essa l’intervento dei forestali, che hanno eseguito due perquisizioni nelle abitazioni delle donne allora indagate e oggi coimputate. Nemmeno in quella occasione, però, il cane era stato ritrovato. Unico indizio, il codice del microchip che gli era stato assegnato. Da parte sua, la mediatrice si è difesa affermando di aver consegnato alla coimputata tutto il denaro inviato dalla persona offesa e di non avere guadagnato nulla, anzi di aver a sua volta sostenuto spese per l'accudimento di Milka/Chanel.

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