Ravenna, imbrattato con una svastica il sacrario dei partigiani

Ravenna

Il luogo della memoria in onore al sacrificio di tanti romagnoli morti per la libertà, imbrattato con il simbolo che più rappresenta quell’ideologia d’odio contro la quale quei caduti hanno dato la propria vita. È successo a Camerlona, dove il Sacrario ai Caduti della Brigata Cremona, eretto per celebrare le lapidi dei combattenti morti nel 1945, è stato imbrattato con una svastica. L’atto vandalico che per ora ha ancora una mano sconosciuta, è avvenuto senza che nessuno se ne accorgesse. Finché a notare il deturpamento non è stato un automobilista che passava lungo la via Reale. La segnalazione ha creato comprensibilmente forte sdegno. Proprio per la storia e il significato che legano il luogo di culto al territorio e alla storia dei partigiani del Gruppo di Combattimento Cremona, una delle quattro unità del risorto esercito italiano, che nel gennaio del 1945 arrivò a difendere la frazione a nord di Ravenna.
Lo sdegno del sindaco
Sull’episodio è intervenuto anche il sindaco Michele de Pascale: «Un gesto di gravità assoluta e di inqualificabile violenza – scrive –. Purtroppo l’ennesimo insopportabile episodio, tra i tanti avvenuti in questi ultimi giorni in Italia, di atti vandalici che inneggiano al fascismo, al nazismo e all’antisemitismo. Voglio dirlo con forza, Ravenna, città Medaglia d’oro al valor militare, non tollera tali ignobili azioni e reagiremo con la decisione necessaria. Una pattuglia della Polizia locale è intervenuta sul posto e si sta già procedendo con la pulizia del sacrario».
E quello dell’Anpi
Anche l’Anpi condanna l’episodio: «Ricordiamo che i “cremonini” furono valorosi combattenti a partire dalla metà del ’44, dando così orgoglio alle rinate forze armate italiane – commenta il presidente Ivano Artioli –. Ricordiamo anche che in questo sacrario sono custodite le spoglie di quanti caddero a fianco dei partigiani e delle Forze Alleate. Qui venne affrontata la feroce resistenza nazifascista. Liberato il grosso e martoriato comune di Alfonsine e poi liberati i paesi sulla via Reale fino alla vittoria. Ci troviamo ancora una volta a denunciare un ignobile gesto che indigna la nostra storia e la nostra gente; e che non fermerà la democrazia conquistata dalle forze tutte della Resistenza».

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