Ravenna, il messaggio di speranza del vescovo

Ravenna

«Carissimi, arriva la Pasqua, inizia la primavera, l’atmosfera si riempie di luce e di calore. Vorremmo tornare a camminare insieme nelle piazze, nelle vie, magari sulle spiagge. I limiti ai movimenti e agli incontri con i parenti o gli amici, sono pesanti. Come le notizie di persone ben conosciute che si sono ammalate e sono decedute. Siamo arrivati alla seconda Pasqua segnata dalla pandemia, con una buona dose di tristezza e di insofferenza. Ci chiediamo: fino a quando durerà tutto questo?».
Con queste parole inizia il messaggio che l’arcivescovo della diocesi di Ravenna-Cervia, Lorenzo Ghizzoni, ha rivolto ai ravennati e ai fedeli in occasione delle festività pasquali. «Come affrontare questa prova? Una via è quella di accettare la realtà, vederla in tutti i suoi aspetti, anche se dolorosi. Per esempio, dobbiamo riconoscere che ci sono malattie, come questo virus, che le nostre potenti tecno-scienze non sanno sconfiggere. Anche utilizzando i vaccini, che sono una grande risorsa, dobbiamo accettare che non riusciremo a blindarci al cento per cento e che forse arriveranno altre malattie che renderanno insicuro anche il nostro futuro. Ma questa è la realtà: la condizione dell’uomo sulla terra è segnata dall’insicurezza, dall’imperfezione, dall’inquietudine».
Ghizzoni continua sottolineando come ci volesse «questo “tsunami” per smascherare le nostre illusioni di dominare la natura e di poter raggiungere un benessere inattaccabile. I milioni di persone decedute in tutto il mondo ci mettono di fronte alla realtà della morte e della nostra impotenza: è inutile cercare colpe in trame oscure o in verità manipolate a servizio di non si sa bene chi».
«Siamo chiamati ad aprire gli occhi su questa realtà per accettarla – ammonisce – anche se ferisce il nostro orgoglio e il bisogno di sicurezza. La seconda via necessaria per affrontare questa situazione è prevenire le conseguenze. Saranno colpiti, i più vulnerabili per salute, età, precarietà lavorativa, per povertà di risorse anche morali e per mancanza di garanzie sociali. Occorreranno scelte anche dolorose, per cambiare modi di vita e di lavoro, modelli di relazioni sociali, e imparare a rispettare il creato con le sue leggi e non avvelenarlo. Ci vorrà, come dice Dante, e la Bibbia, molta sapienza e molto “amore per la giustizia (sociale) per chi governa la terra”».
L’arcivescovo aggiunge anche che «ci vorrà però anche una reazione personale e collettiva, per superare, la sfiducia, la rabbia. La terza via, infatti, per affrontare l’epidemia e le sue conseguenze umane e sociali, sarà quella dell’unione tra noi, dell’aiuto reciproco, del condividere la sofferenza e lottare insieme, oltre le differenze personali, o di ideologie, di etnie o di nazionalità».
«Noi credenti in Cristo – termina Ghizzoni – dobbiamo essere i primi ad accettare la realtà, anche se dolorosa, a farci carico delle sue conseguenze, a progettare stili di vita nuovi, più alti e più umani, a cercare la giustizia anche qui nella città terrena, ad allargare i cuori e le braccia verso tutti i fratelli e le sorelle, soprattutto se più poveri o deboli, a dare testimonianza che solo nel dono sincero di sé, anche se comporta lotte e sacrifici, ogni persona si ritroverà più realizzata e felice. E il mondo sarà migliore. Noi ci crediamo, buona Pasqua a tutti».

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