Ravenna, il costo della vita pesa sui ristoranti

L’aumento sfrenato del costo delle materie prime sta mettendo in seria difficoltà il mondo della ristorazione ravennate. «Un balzo del genere tutto in una volta – ammette sconfortato Mauro Mambelli, presidente di Ascom Ravenna e titolare del ristorante La Gardela – non si era mai visto». Tradotte in numeri, le parole di Mambelli significano una crescita della spesa mensile per rifornire i frigoriferi del ristorante salita tra il 20 e il 30% in un anno. Ossia dai sei ai novemila euro in più ogni mese che il ristoratore deve considerare nel suo bilancio. Non si tratta certo di briciole, ma bensì di numeri che pesano notevolmente sui conti. «Inizialmente avevamo visto gli aumenti delle attrezzature – spiega sempre Mambelli –, che tuttavia sono costi rinviabili. Alla salita dei prezzi per la spesa, invece, non si può sfuggire. Ed è aumentato tutto, persino la carne di maiale che, notoriamente, è una di quelle meno onerose». La conseguenza di tutto questo, anche se difficile, è stata quella di ritoccare al rialzo (anche se in maniera contenuta) i prezzi alla clientela.

Tutto in salita

Il carrello mensile della spesa è cresciuto esattamente allo stesso modo anche per Pia Casu, titolare del ristorante Alexander, situato nel cuore del Borgo San Rocco, che ha visto anche crescere la bolletta della luce da 950 euro alla bellezza di 1.700 euro. Quasi un raddoppio secco, che va così ad aggiungersi alla crescita nei prezzi del gas e delle materie prime acquistate nel corso della settimana. «Per il momento sono ancora ferma ai prezzi del 2020» assicura Pia, che ammette: «Alzarli è sempre difficile, perché comunque tutti siamo in difficoltà». Il problema è che le spese aumentano e i clienti, specialmente a inizio settimana, scarseggiano. «Inoltre – aggiunge la titolare dell’Alexander – con questo aumento dei contagi le persone prima prenotano e poi disdicono. Lavorare è molto difficile e noi abbiamo deciso di chiudere per due settimane, durante le quali rinnoveremo anche il locale». Nonostante le difficoltà, insomma, gli imprenditori hanno voglia di continuare a credere nelle proprie attività, al punto di investirci sopra del denaro. «Cerchiamo di affrontare tutta questa situazione con ottimismo – interviene sempre Pia Casu – altrimenti non se ne esce». Mambelli, d’altro canto, fatica ad essere altrettanto positivo, vista la congiuntura negativa che si sta verificando in questo inizio 2022. «La mia sensazione è che si stia nuovamente bloccando l’economia – commenta –. Solo che questa volta non a causa del lockdown, ma per via di questi aumenti spropositati».

Cambio di spesa

Provando a dare un’occhiata ai prezzi delle materie prime, il filetto di manzo attualmente ha raggiunto il prezzo di 7 euro al chilo per i ristoratori. Il pesce di qualità, invece, ha avuto rialzi anche ben peggiori. I gamberi viola, solo per fare un esempio, oggi vengono battuti intorno ai 70/80 euro al chilo, quando un anno fa erano a 35 euro; gli scampi nostrani sono arrivati alla cifra record di 130 euro al chilo. Per cercare di tenere sotto controllo gli aumenti, alcuni ristoratori hanno provato a rivolgersi al mercato d’importazione, ma anche la materia prima in arrivo dall’estero sta crescendo. Il rombo, al momento, non si trova sotto i 25 euro al chilo (ne costava 14). «La soluzione? – interviene il ristoratore di pesce Mario Buia – Eliminare dai menù i prodotti divenuti troppo costosi e fare scelte meno onerose, sperando che i prezzi tornino a livelli normali al più presto».

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