Ravenna, il Comune deve pagare 70mila euro agli autocostruttori

RAVENNA – Il Tar di Bologna ha deciso che gli autocostruttori di Filetto dovranno essere risarciti dal Comune con 70mila euro per il lavoro svolto nel cantiere. Una cifra che Palazzo Merlato aveva già offerto in sede stragiudiziale, dopo che una sentenza della stessa giustizia amministrativa aveva sancito l’obbligo di un pagamento da parte dell’ente pubblico alla cooperativa “Mani Unite” che riuniva le famiglie impegnate nel cantiere.I giudici non avevanoperò deciso la cifra, rinviando ad un possibile accordo tra le parti. C’era però molta distanza tra la richiesta e l’offerta: la cooperativa fissava il «quantum risarcitorio» a 460mila euro,calcolando un totaledi 20.000 ore lavorate. Da parte sua Palazzo Merlato aveva offerto 70mila euro, alzando di 20mila euro la cifra proposta inizialmente. La sentenza del Tar dà quindi in questo caso ragione al Comune, resta da vedere se ci sarà un secondo round al Consiglio di Stato, nel caso Mani Unite faccia appello.

La vicenda del cantiere di Filetto è tortuosa: in sostanza gli autocostruttori, dopo aver aderito nel 2006 ad un progetto che prevedeva l’edificazione da parte loro di 14 alloggi a loro destinati nella frazione del forese, avevano visto tre anni dopo il loro lavoro andare in frantumi anche a causa della crisi della Srl che sovrintendeva allo stesso. La Coop Mani Unite si era trovata con delle costruzioni non terminate, al grezzo, e con una grossa esposizione nei confronti delle banche. L’amministrazione comunale, proprietaria dell’area, era intervenuta estinguendo il debito – con quasi 800mila euro – e completando gli alloggi. Che, a quel punto, sono diventati a tutti gli effetti case popolari da destinare all’edilizia pubblica e in cui gli autocostruttori avevano un semplice diritto di prelazione in graduatoria. Nel frattempo avanzava un lunghissimo contenzioso in cui gli autocostruttori hanno ottenuto una prima vittoria: i giudici hanno infatti riconosciuto che Mani Unite, perso il diritto alla casa, ha però guadagnato quello ad un risarcimento per il lavoro svolto.

Restava il problema della quantificazione. Sfumato l’accordo, si è tornata davanti al Tar che, come detto, con pronunciamento dell’8 maggio scorso, ha giudicato congrui i 70mila euro offerti. Per i giudici infatti non sono dimostrabili le 20mila ore di lavoro rivendicate dagli autocostruttori. Questa cifra, scrive il tribunale, andrebbe invece ridimensionata a 6.250 ore, stima che «risulta attendibile anche per il verosimile svolgimento delle prestazioni nel fine settimana nel tempo non impegnato nella diversa attività principale esercitata». I calcoli del Tar tengono conto di diversi fattori: una fetta di circa un terzo dei lavori è stata eseguita da operai specializzati e non dagli autocostruttori il cui costo medio andrebbe invece assimilata a quella di un operaio generico di primo livello: 10,25 euro all’ora. Per il Tar, dunque, il lavoro degli autocostruttori – considerando il punto a cui era il cantiere – vale poco più di 66mila euro. I giudici ritengono quindi «congrua» l’offerta del Comune e non pensano sia necessario nominare un perito, respingendo quindi il ricorso di Mani Unite «con la precisazione che va mantenuta ferma la soluzione individuata dal Comune in via conciliativa facendosi carico dell’importo di 70mila euro».

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